Mariella Cao, Emilio Franzina, Jacopo Venier
Per il ritiro immediato delle truppe italiane e contro le spese militari. Ma anche per rilanciare una lotta unitaria sulle questioni sociali
Una guerra che molti vorrebbero dimenticare è tornata a bussare alla nostra porta. La morte del caporal maggiore Alessandro Di Lisio e il ferimento di altri militari italiani è parte di una catena scientemente rimossa di assassinii di Stato che ha nella morte dell’ altro caporal maggiore Giovanni Bruno, 3 ottobre 2004, il suo primo, tragico, anello e che porta ormai a 14 le vittime del contingente italiano.
Purtroppo solo questi tragici eventi hanno riacceso i riflettori dei nostri media e così si è potuto finalmente saper qualche cosa di più su quanto accade sul fronte afgano.
Scopriamo così che il ruolo ambiguo che gli USA di Obama stanno giocando in Honduras , in Iran e – in modo più palese – in Afghanistan , con una svolta affatto pacifista, indica l’estrema difficoltà, legata agli oggettivi interessi in gioco, di produrre, dietro alla propaganda, una vera discontinuità rispetto all’amministrazione Bush.
I militari italiani si muovono e combattono, infatti, in un quadro in cui proprio in queste ultime settimane gli USA hanno preparato ed eseguito il più grande attacco dei marines dai tempi del Vietnam.
Non si può definire altrimenti, infatti, l’attuale strategia del Khanjar (il “colpo di spada”) che vede 4 mila nuovi soldati americani ( che si aggiungono agli altri 30 mila della pur breve era Obama e che portano l’intero contingente Usa a circa 70 mila effettivi), trasportati da 50 aerei ed elicotteri da guerra USA, di attaccare improvvisamente la strategica valle dell’Helmand, nel sud dell’Afghanistan.
La guerra imperialista si è dunque totalmente riaccesa. L’Italia, con i suoi morti e i suoi feriti ( destinati purtroppo a crescere sotto l’offensiva sempre più vasta ed organizzata dei talebani) e con l’immenso spostamento di fondi sia verso il riarmo, sia verso il rafforzamento degli impegni sui fronti di guerra che verso l’ampliamento delle basi USA e NATO nel nostro paese, ne è totalmente coinvolta.iemerge ora, in tutta la sua verità, la denuncia contro la guerra afghana che già dal 2001 ha portato avanti il movimento italiano contro la guerra.
Esso – emarginato, inascoltato e in rotta di collisione con le politiche governative fino allo scontro avvenuto con il Governo Prodi – affermava che la guerra USA in Afghanistan non era affatto la risposta all’attacco alle Torri Gemelle. Era ben altro. Attraverso l’obiettivo dichiarato di catturare Bin Laden, Bush scatenava la vera guerra: quella per il controllo mondiale del petrolio e delle fonti primarie di energia.
Gli esponenti del movimento contro la guerra hanno sempre ricordato e reso noto l’intervento – svolto in un’audizione al sottocomitato per l’Asia e il Pacifico della Camera dei rappresentanti USA nel febbraio 1988 - del vicepresidente della “Unocal Corporation”; in quell’audizione il vicepresidente affermava che "la regione del Caspio contiene enormi riserve di idrocarburi intatte. Solo per dare un'idea delle proporzioni, le riserve di gas naturale accertate equivalgono a oltre 236 mila miliardi di piedi cubici.
Le riserve petrolifere totali della regione potrebbero ammontare a oltre 60 miliardi di barili di petrolio. Alcune stime arrivano fino a 200 miliardi di barili. Nel 1995 la regione produceva solo 870.000 barili al giorno.
Entro il 2010 le compagnie occidentali potrebbero aumentare la produzione fino a circa 4,5 milioni di barili al giorno, un aumento di oltre il 500% in soli 15 anni. Se questo dovesse accadere, la regione rappresenterebbe circa il 5% della produzione totale di petrolio al mondo.
C'è tuttavia un grosso problema da risolvere: come portare le vaste risorse energetiche della regione ai mercati che ne hanno bisogno ''; e soprattutto – continuava l’esponente della “Unocal Corporation” - come gli USA possono controllare la distribuzione del greggio e del gas della regione, in particolare verso le economie emergenti dell'Asia che ne faranno sempre più richiesta. Scartata l'ipotesi di costruire oleodotti e gasdotti che possano attraversare la Cina (troppo lunghi e costosi e soprattutto non controllabili, appunto perché cinesi) conviene – chiudeva il vicepresidente della “UC” - passare per l' Afghanistan.
Questo era e rimane il senso ultimo della guerra. Assieme ad un altro “senso”, strategicamente decisivo per gli Usa : allargare la NATO sino ai confini russi e cinesi, costruire basi NATO e USA anche all’interno dell’Afghanistan. Come è accaduto. Nella fase del governo Prodi, il movimento ( con alla testa Alex Zanotelli, Gino Strada, le aree più avanzate del movimento operaio e sindacale – confederale e di base - , le donne, gli uomini, le ragazze e i ragazzi dello “spirito di Genova”) non venne ascoltato.
Questo errore drammatico non solo ha prodotto una grave ed ancora aperta ferita tra movimenti , partiti comunisti e sinistra, ma ha avuto anche come conseguenza la “militarizzazione” della politica estera, lo sdoganamento della guerra come strumento delle relazioni internazionali, il dilagare del bellicismo e l’esplodere delle spese militari.
Di fronte all’escalation di una guerra, che gli stessi generali ormai ammettono non avere nulla a che fare con la lotta contro il terrorismo, occorre tornare tutti in piazza. Il movimento deve svolgere il suo ruolo sociale centrale contro le politiche di guerra e la subordinazione del governo italiano agli Usa e alla NATO; per ridare vita, speranza e senso alle forze comuniste e all’intera sinistra anticapitalista e d’alternativa.
Per costruire le basi reali di una vittoria “ strategica ” ( non si vince “solo” battendo la destra : è questa la lezione che viene dal fallimento del governo Prodi), contro il governo Berlusconi e il berlusconismo diffuso, trasformando le spese folli per gli F-35 in assegni sociali per i lavoratori; spostando le risorse verso la decontaminazione delle aree di Aviano, Sigonella e soprattutto sarde, ridotte dalle basi USA e NATO a terre nuclearizzate a forte rischio di tumori e leucemie.
Chi scrive lancia - dunque - una proposta : che la Federazione comunista e di sinistra che si è costituita lo scorso 18 luglio a Roma (assieme all’intero movimento pacifista, alle esperienze di lotta contro le basi americane e NATO in Sardegna, a Camp Derby, a Vicenza; assieme alle parti più avanzate della CGIL e della FIOM; ai sindacati di base e ad ogni altra soggettività comunista, antimperialista, anticapitalista e di movimento) si metta sin da ora al lavoro per organizzare a settembre/ottobre ( intrecciando le più vaste relazioni e seminando spirito unitario) una grande manifestazione a Roma contro la guerra, contro le spese militari e per il ritiro immediato dei soldati italiani dall’Afghanistan, unendo la lotta contro le politiche interventiste e di guerra alle sempre più gravi questioni sociali: il salario, la scala mobile, la Legge 30, le pensioni, il razzismo, lo stato sociale.
Un “nuovo inizio” non può che cominciare dalla ripresa dell’iniziativa politica e sociale contro la guerra.* Direzione nazionale Prc** Comitato sardo “ Gettiamo le Basi”***.Docente universitario, Gruppo consiliare provinciale “ Vicenza libera”**** Segreteria nazionale PdCIFonte:“Liberazione”, domenica 2 agosto 2009
Fuente: Liberazione/l"Ernesto/ Edición de: PrensaPopularSolidaria_ComunistasMiranda
http://prensapopular-comunistasmiranda.blogspot.com
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