viernes, 25 de julio de 2008

BERTINOTTI E LE SCELTE IRREVERSIBILI

Por: Ramon Mantovani

Liberazione di domenica scorsa ha pubblicato un lungo forum tra la redazione del quotidiano e Fausto Bertinotti.

Si tratta di un testo denso di posizioni, analisi e proposte, molto interessante, sia per l'esplicitazione di tesi già note ma mai presentate in forma così netta, sia per i silenzi più o meno consapevoli che contiene.

Non pretendo, con queste note, di affrontare tutti i temi proposti da Bertinotti, ma solo iniziare a discutere di alcune questioni, secondo me significative. Ovviamente concentrandomi su quelle cose che non condivido o condivido di meno.

Per comodità di esposizione indicherò, a puntate, parole e concetti che, seppur ricorrenti in diverse parti del testo, costituiscono la spina dorsale del discorso di Bertinotti, e su queste svilupperò le mie modeste riflessioni.

Cominciamo con "irreversibilità".

Bertinotti apre e chiude, il suo lungo ragionamento, con il concetto di irreversibilità del processo unitario della Sinistra e l'Arcobaleno.

A mio modesto avviso questa insistenza contiene contemporaneamente una debolezza intrinseca del progetto e una potente arroganza intellettuale, che del resto è propria dei progetti deboli.

Come è noto si fonda sulla suggestione secondo la quale la sinistra sarebbe sull'orlo della sparizione e costretta ad un processo unitario senza alternative.

Non c'è alcun elemento analitico, né nel testo preso in esame né nelle precedenti elaborazioni, che dimostri la tesi dell'ultima spiaggia sulla quale si troverebbe la sinistra. A meno che non si esamini solo l'aspetto elettorale. Ed anche da questo punto di vista in Europa esistono molti esempi che dimostrano che le cose non stanno così.

Si può, ovviamente, attribuire un grado di importanza diverso all'elemento elettorale e all'efficacia della rappresentanza nelle istituzioni parlamentari, ma non fino al punto di considerare questa questione come dirimente per la vita della sinistra.

Se, come abbiamo detto per anni, il baricentro dell'attività politica doveva essere la società, se il movimento mondiale altermondista e i movimenti sociali dovevano essere il luogo della collocazione politica della sinistra e di rifondazione in particolare, se bisognava considerare come elementi secondari le istituzioni e lo stesso governo, la suggestione del pericolo di vita per la sinistra appare come una svolta enorme. Per il semplice motivo che i movimenti non stanno affatto male e che è l'esperienza di governo (non solo in astratto ma nel concreto della pratica del governo Prodi, come vedremo meglio più avanti) ad aver messo in crisi Rifondazione e più in generale la sinistra.

Se esiste questa crisi, ed esiste, non si deve ad una maledizione, ad un accidente, ma a precise scelte che andrebbero indagate autocriticamente invece che ignorate o relegate nel mondo delle scelte obbligate che non si potevano non fare. La svolta consiste proprio nel rimettere al centro la questione istituzionale ed elettorale, nel fuggire dai problemi reali e nel formulare una proposta tanto suggestiva quanto vaga e vuota di contenuti.

La nuova sinistra (il concetto di nuova sinistra è per altro vecchio come il mondo) non può nascere, date le premesse, che da un gesto volontaristico di gruppi dirigenti illuminati che lo impongono ai propri diretti, per loro natura arretrati, identitari, recalcitranti e primitivi, facendo appello ad un popolo di "non iscritti" e di "sinistra diffusa" di occhettiana memoria. Un gruppo di illuminati dirigenti, che ha capito tutto e che assume su di se la responsabilità di scelte irreversibili è il massimo dell'arroganza.

E' come se Bertinotti e i suoi seguaci dicessero: basta, questo partito non va bene, ha troppi difetti, è troppo limitato. Ora ce ne vuole uno alla nostra altezza. Noi costruiamo, con scelte e gesti irreversibili, il luogo nel quale tutti saranno obbligati a confrontarsi. Chi non è d'accordo non capisce, è arretrato, è identitario, è zavorra. Non può essere portatore di una proposta diversa, giacché siamo sull'ultima spiaggia e non c'è alternativa.

Da quando c'è consapevolezza della portata della globalizzazione e dell'importanza del movimento mondiale che vi si oppone, c'è stata un'elaborazione e una pratica di Rifondazione che non ha trovato smentite. Non ci siamo sentiti all'ultima spiaggia, quando nel 99, abbiamo avuto poco più del 4% dei voti, né quando nel 2001 abbiamo eletto 11 deputati (anche a causa delle liste civetta degli attuali partner della Sinistra Arcobaleno). Da allora i movimenti sono cresciuti o no? E noi siamo stati dentro o fuori? La vera svolta innovatrice di Rifondazione è stata la rottura con il governo Prodi e la scelta di collocarsi nella società e nei movimenti.

Anch'io, come Bertinotti, penso che sia stato giusto "tentare" la coalizione e il governo per provare a invertire la tendenza degli ultimi venti anni di liberismo e di guerra. Ma non è vero che l'innovazione arriva con il congresso di Venezia, come rivendicato da Bertinotti. Anzi, sebbene nei testi il tema del governo fosse posto correttamente, già a Venezia si assiste, nella maggioranza del partito, alla rivincita di quelli che parlavano sempre di movimento ma che nei corridoi, ridendo, dicevano: è finita la ricreazione si torna a far politica!

O di quelli che esplicitamente citavano la non violenza come rottura con una parte del movimento, in sintonia con il coro proveniente dai salotti buoni che salutava la svolta di Bertinotti come la rottura con l'estremismo e il massimalismo della fase precedente. O di quelli, ancora, che scientemente facevano finta di lottare contro lo stalinismo per rimuovere, invece, ogni dissenso, senza mettere in discussione le forme moderne dello stalinismo a cominciare dal soffocante leaderismo che ha sempre contraddistinto la direzione di Bertinotti.

Io continuo a pensare che il progetto della Sinistra Europea, dell'unità di soggettività politiche e sociali interne al movimento e con un unico referente internazionale, nella quale le identità culturali non erano negate, ma anzi rilanciate in un'effettiva contaminazione reciproca, fosse la strada maestra per superare i limiti del partito politico del 900 e per mettere in campo la forza necessaria a continuare la battaglia contro il capitalismo contemporaneo.

Praticamente, pochi mesi di questa sperimentazione devono aver convinto Bertinotti ed altri che non avrebbe prodotto la "massa critica" sufficiente. Così in un battibaleno si è rovesciato tutto. Dai contenuti fondanti l'unità si è passati all'unità senza contenuti per fare subito un partito del 15%. Immersi nella disastrosa esperienza di governo si è promossa l'unità fra forze che hanno esplicitamente il governo come orizzonte della propria esistenza, che si sono sempre orgogliosamente dichiarate altra cosa dai movimenti, considerati spesso estremistici e impolitici, e che, per questo, per anni hanno insultato e attaccato senza tregua Rifondazione.

Non so quale sarà il risultato elettorale della Sinistra Arcobaleno, ma so con precisione che se sarà negativo si dirà che ci si è salvati grazie alle scelte irreversibili, e se sarà positivo si dirà che è un premio per le scelte irreversibili.

Un imbroglio colossale!

Rifondazione ha camminato per anni in solitudine nel quadro politico e dentro tutti i movimenti. L'esistenza di Rifondazione Comunista non è incompatibile con nessun progetto di unità, sempre che l'unità sia coerente con il nostro cammino e non sia, invece, considerata come un impedimento per l'unità stessa. Del resto, a parte l'evanescente Sinistra Democratica, non sembra che i Verdi o il PdCI abbiano molta voglia di sparire. Anzi, altri gesti irreversibili finirebbero solo con il mettere fine a Rifondazione Comunista in favore di una forza di ispirazione socialista e con una crescita del PdCI.

Alla faccia delle meravigliose sorti dell'unità!
Perciò non ci deve essere alcuna scelta irreversibile!

Spetta solo agli iscritti al PRC decidere del proprio futuro senza che nessuno li scippi del diritto di votare su proposte chiare al congresso.

La formula "soggetto unitario e plurale", dietro alla quale si è celato un accordo oligarchico di vertice fra opzioni completamente diverse, deve essere messa da parte in favore della chiarezza.
Chi vuole andare oltre Rifondazione, chi vuole abbandonare il comunismo, non può pensare di continuare ad imbrogliare le carte praticando scelte irreversibili senza sottoporle al vaglio democratico.

Per quel che vale la mia opinione penso che il congresso li smentirà e li batterà.
continua….


Fuente: Liberazioni/ Bellaciao.Org/ Prensa Popular Comunistas Miranda
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LA CONCEPCION REVOLUCIONARIA TRIUNFARÁ EN RIFONDAZIONE COMUNISTA DE ITALIA CONTRA BERTINOTTI Y SUS REFORMISTAS OPORTUNISTAS Y LIQUIDACIONISTAS

Por. Ferrebé

Bastante se ha comentado la situación en el seno de la Rifondazione Comunista, el Partido que en Italia aparece mediante la separación de un grupo de exmiembros del Partido Comunista Italiano, quienes cuando la dirección del PCI decidió su "transformación" en el Partido Democrático, el Partido del Cedro, decidieron continuar con una organización que reivindica el carácter de comunista, y tratan en cuanto dijeron entonces, de mantenerse en el campo revolucionario, y no abrazar las corrientes oportunistas, reformistas y liquidacionistas que se apartan de la vía del Partido Comunista Italiano.


Sinembargo, desde entonces es mucha el agua que ha pasado debajo de los puentes. Y ahora, es una gran parte de la dirección de la original Rifondazione la que de masnera muy clara y expedita, están planteando tomar la misma vía que antes se dio con el grupo original liquidador del PCI.


En declaraciones recientes Fausto Bertinotti, englobado en el Frente del llamado Arcobaleno, da unas declaraciones muy claras, donde no deja ninguna duda de cuales son las intenciones de la mayoría de la dirección de Rifondazione--que por otros síntomas y movimientos en ese Partido--se reconoce que no son aceptadas por la mayoría de cuadros medios, la base, y parte de la Dirección Nacional, de acabar definitivasmente con la tendencia y vinculación revolucionaria comunista de Rifondazione, y pasar abiertamente al compo reformista, igual que sus antecesores que formaron el PDI.


La idea ahora, de Beertinotti, es la de acabar con la independencia de la Rifondazione, con su carácter de fuerza que actúa con una visión revolucionaria, para convertirla en sólo una "tendencia", sin autonomía política ni menos organizativa, incluída en una fuerza informe, de la "izquierda" reformista.

Su idea y la de su grupo se dirige a estructurarse en una organización informe, no ligada específicamente a la clase obrera, al proletariado, a los trabajadores, sino de una tal "suma amplitud" que daría fin a la identidad comunista del Partido, y donde los comunistas renunciarían a su propia acción orgánica específica, para convertirse en una tendencia "cultural" dentro de una organización más amplia que, entre otras cosas, como elemento importante, no se reflejaría con posición clara en relación a la lucha de clases como motor de las luchas sociales en general y del desarrollo de la historia, del avance de la humanidad.

Con estas posición Bertinotti y su grupo buscan terminar con la gloriosa historia del comunismo en Italia, con su ilusoria idea del lanzamiento de un Partido u opción de "una izquierda muy amplia" pero reformista, no revolucionario.. Sinembargo, es muy poco seguro su éxito.


En Italia--como en todo el mundo-- vienen creciendo los problemas y dificultades relacionados con aumento de desempleo, de empobrecimiento general de la población, de la precarización del trabajo, de la desmejora de los servicios educativos y de salud, de los problemas de la inmigración, de la participación en las guerras imperialistas en Irak y Afganistán, en general de toda la estructura social.


Esto ha hecho que se fortalezcan las opciones revolucionarias, de otros grupos que reivindican la trayectoria y necesidad de un movimiento comunista italiano basado en su amplia trayectoria revolucionaria, en el marxismo leninismo, en la lucha de clases. Y no sólo en los grupos exterioresd, sino en el seno de loa propia Rifondazxione, donde por todos los pronunciamientos desde las bases de ese Partido, en capas cada vez más grandes de dirigentes intermedios, regionales e incluso nacionales, hay una oposición firme y radical a esa tendencia reformista, oportuniosta, liquidacionista, y se lucha por mantener y profundizar el carácter revolucionario de la Rifondazione.


Al lado de esto se está produciendo también una reprofundización de la conciencia de clase del proletariado italiano, su incorporación a las luchass por los problemas del día a día reivindicativo, pero viendo más allá de lo inmediato. Hay corrientes que comienzan a reforzar, y profundizar las luchas con otras consignas que tienen que ver con la reorganización social, pero donde el socialismo comienza a tomar fuerza y a recuperarse de todo el barraje de reformismo que cundió en los sectores revolucionarios y la sociedad italiana con el abandono del campo revoilucionario por parte de las capas de dirigentes y muchos militantes que cayeron en la trampa de liquidar al PCI.

En conclusión, podemos decir que está muy cuesta arriba para Bertinotti lograr el triunfo dentro de la Rifondazione Comunista para su concepción reformista, liquidacionista, oportunista. Las concepciones consecuentes que manifiestan la necesidad de mantener una opción revolucionaria, de reconstrucción del movimiento revolucionario, de no abjurar del marxismo, crecen con la suficiente fuerza para garantizar la continuación de Refundazione en una posición revolucionaria y de legítima izquierda anticapitalista.

Fuente: PrensaPopularSolidaria_ComunistasMiranda

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jueves, 24 de julio de 2008

EL PUEBLO ITALIANO RECHAZA PROCESO DE DERECHIZACIÓN Y FASCISTIZACIÓN DE ITALIA QUE BUSCA IMPONER EL BERLUSCONISMO FASCISTA

Por: Faustino Rodríguez Bauza



El proceso de fascistización en Italia comienza a correr aceleradamente. Comenzó cuando al final de las elecciones que retrotrajeron a Berlusconi al primer plano, los grupos fascistas no se inhibieron de celebrar con “paradas” de tipo fascistas. Con uniformes, porras, y todos los "instrumentos" ya conocidos como las armas utilizadas por los integrantes de la estructura de los grupos de choque de la epoca de Mussolini, por supuesto con adiciones de nuevas armas avanzadas. Con sus banderas con símbolos fascistas.



Y con lo más peligroso de todo: con la misma organización de calle característica y ya conocida por su uso anterior, cuando fue aplicada por Mussolini, por Hitler, y por los otros nazifascistas europeos, como maquinaria partidaria de choque, de acción de calle, de matanza y atemorización para lograr el acceso al poder.



Todo se repitió y profundizó cuando rescataron la Alcaldía de Roma, y hasta uno de los capos de las Brigadas declaró : ” que todo estaba tan emocionante, hasta hemos desfilado con Columnas, Decuriones, Centuriones y nuestros instrumerntos de fuerza.” Se refería nada menos que las llamadas en época de Mussolini grupos de dominio de calle, o sea, de porristas organizados, Del mismo tipo las imita y va por ese camino Leopoldo López y el resto de los Alcaldes de la tendencia fascista-oposicionistas en Venezuela, en los Municipios que ellos gobiernan.


En Italia están comenzando por acallar la prensa de opinión revolucionaria y democrática subsistentes, para dejar solo las cadenas berlusconianas y las de los empresarios de las comunicaciones integrantes de la Falsimedia derechista fascistizadora del ejercicio del poder, de los partidarios de la "radicalización" , que así denominan ahora las medidas fascistizantes.



De tiempo atrás—gobiernos de postguerra, con participación de socialistas consecuentes en alianza con los comunistas y otros sectores de izquierda— en Italia se tomaron medidas para subvencionar parte de los recursos necesarios para la publicación de la Prensa no adscrita a las cadenas comerciales, o sea, la prensa de opinión, sin considerar su posición política --izquierda, revolucionarios, centrista, derechista-- para ubicarse entre quienes deberían recibir el financiamiento, que no es total pero sí importante, y lo demás lo ponen las propias publicaciones. Esos subsidios de ayuda para que se mantenga la pluralidad de la opinión, serán eliminados según la maniobra preparada ya para hacerlo desde la Cámara de Diputados.


Tal maniobra eliminará a publicaciones de gran tradición, a periódicos y revistas ligados a las fuerzas de izquierda o centristas, a cooperativas de periodistas con opinión independiente y no sobornables, conocidos por su seriedad, competencia y criterio social. La medida deja al arbitrio del Ministro de Economía el entregar o no las subvenciones, según su opinión o interés particular o político, cuando estos financiamientos sin mirar a quien eran anteriormente obligantes y sin discriminaciones.


Se considera que este es un golpe mortal para periódicos de gran importancia y tradición como: Il Manifesto, l·Unitá, il Secolo d’Italia, Liberazione, y para muchos más periódicos pequeños, de opinión y orientación, elaborados por grupos culturales, ecológicos, sindicales, de carácter regional y local en toda Italia.Hasta ahora se han manifestado en contra los directores de las publicaciones nacionales y regionales mas importantes, pero se espera una reunión y movimiento de defensa generalizado por todo el País.


Los directores de los diarios han declarado entre otras cosas (Sanssonetti): “Cerrar por decreto (de hecho) los periódicos más débiles es un portazo a la libertad de expresión”, y además” esto significa al mismo tiempo debilitar a la izquierda política, después de los resultados electorales no tendrá como expresar su opinión”. Y esto vale no sólo para la izquierda política, sino para todo un importante movimiento de opinión en Italia.



Junto a tal peligro, en el campo de las comunicaciones, está presente, como ahora en el caso de Roma, desde antes en otras alcaldías de ciudades importantes y en poderes regionales, y por supuesto en el poder nacional actualmente al arbitrio de Berlusconi, se hace presente el peligro de la derechización y el avance hasta extremos más radicales, del proceso de fascistización de Italia, con la corrupción propia del berlusconismo, su política de guerra al lado del imperialismo en Afganistán, de represión de la protesta social ante la marcha de la crisis económica en todo el mundo capitalista de la cual seguramente no escapará Italia, del peligro siempre presente y ahora radicalizado de la salida por la violencia.



Ante esta situación se está produciendo un reagrupamiento de las fuerzas políticas y sociales revolucionarias y progresistas de Italia, de la clase obrera, los jóvenes, los campesinos, las mujeres, los profesionales integrados a los servicios, para luchar por detener el propósito del gobierno y el berlusconismo de llevar a Italia más todavía hacia la derecha y el fascismo. Sectores de la población hasta ahora éngañados, relativamente neutralizados políticamente y para la lucha social y de calle comienzan a reaccionar y a incorporarse a la lucha, que se radicaliza, y que avanza a la profundización total de la lucha de clases en Italia.



Desde Prensa Popular Comunistas Miranda y de la Organización Comunista Miranda Centro manifestamos nuestra solidaridad con las crecientes luchas de la clase obrera y el pueblo italiano.



Fuente: Prensa Popular Comunistas Miranda

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MIRANDA.. UN ESTADO, DOS REALIDADES::REALIDAD UNO, SEGUNDA SITUACION SITUACIÓN : MUNICIPIOS CON PODERM BOLIVARIANO Y PERDIDA EN EL REFERENDO

Por:: Ferrebé

Existe una segunda situación en el conjunto de los Municipios donde gobiernan Alcaldes afectos al desarrollo del proceso bolivariano, donde, a diferencia del grupo que anteriormente comentamos—en el cual se ganaron ambas elecciones_estadales y municipales_ y después el Referendo--, no se repitió en el Referendo por la Reforma Constitucional la votación favorable que se obtuvo en las elecciones para Gobernador y Alcaldes como anteriormente, sino que se perdieron en esa confrontación, y por cierto, por un margen peligrosamente elevado, dado el avance de los opositores en tales Municipios el cual fue porcentualmente importante.

En tales Municipios se produjo una situación nueva que debemos tomar en cuenta de manera objetiva: El oposicionismo allí supo desarrollar su trabajo de tal manera que pudo superar su cuarenta por ciento histórico y pasar a ser mayoritarios en esa votación, mientras que las fuerzas conjuntas bolivarianas pasaron a ser la minoría..

Hay que añadir otra condicionante a la derrota del Referendo en esos Municipios: son los dos más importantes del Estado.- Nada menos que el Municipio Sucre, el mayor y clave en la Zona Metropolitana y en la elección para Alcalde Metropolitano y Gobernador—además de su propio Alcalde Municipal—y el otro es el Municipio Guaicaipuro, Los Teques, la Capital del Estado, y aportante también de una cantidad importante y de peso en la elección estadal, y por supuesto con la gran importancia de la Alcaldía, por tratarse del Alcalde de la Capital Estadal.-

Dadas esas circunstancias, en ambos Municipios---como en todo el Estado Miranda--, se requiere lograr una sólida Alianza Perfecta con todos los componentes del espectro político de la Alianza Patriótica, y recalcando, particularmente en estos Municipios dada su ubicación político-geográfica estratégica en todos los sentidos.-

En el Estado Miranda se debe acometer las elecciones de Noviembre blindados por todos los costados. Tomando en cuenta la necesidad de ganar en todo el Estado—en muchos aspectos el más importante—el triunfo en Miranda se asienta particularmente en el triunfo en Sucre y Guaicaipuro.-

Está a la vista que Miranda se proyecta como un Estado clave. Aquí, en la situación actual, se hace evidente la necesidad de entregar el mayor esfuerzo, dedicación, estudio y trabajo a lograr la Alianza perfecta, tomando en cuenta la participación de todos los componentes, de acuerdo a sus contribuciones reales políticas, de tradición de luchas, participación en la organización popular, prestigio y tradición ganados a través de las luchas en este Estado.

Se hace posible una combinación ganadora por gran amplitud si se toman en cuenta todos estos factores que puedan permitir una Alianza Perfecta y además sólida. Los dos Municipios claves para ello son precisamente Sucre y Guaicaipuro, y sobre la base de lo acordado en ellos se puede complementar un encuadre general para todo el Estado.

Es necesario tener presente que en ninguno de los dos Municipios hay una fuerza combinada parcial o un partido del campo revolucionario que por sí mismo pueda considerarse que tiene una victoria segura. Nos necesitamos todos a todos.Otra condición en estos Municipios es la de que en ambos se necesita presentar Programas asentados en los problemas fundamentales y con condiciones reales y factibles.

Y en relación a candidatura, aquí se necesita presentar candidatos sólidos, con una real implantación en el sector, que no tengan debilidades, que no sean desconocidos o recibidos tibiamente por no representar realmente de una manera unánime o cuantitavamente sólida y determinante al conjunto de fuerzas de la Alianza, y hasta a la propia fuerza de la cual procedan. Ganada esa condición en estos dos Municipios, se facilitará el acuerdo general Mirandino.-

Se hace evidente también aquí que cualquier factor de exclusivismo, prepotencia, sobreestimación de sí misma como fuerza, que presente un Partido, o un grupo parcial de ellos, entre los componentes de la Alianza, hará peligrar el triunfo en cuatro escalas: La Gobernación, La Alcaldía Metropolitana, las respectivas Alcaldías Municipales y el Consejo Legislativo.-

El impacto nacional en el caso de peligrar el triunfo en la Gobernación de Miranda es no solo importante sino que decisivo, puesto que todas las planificaciones golpistas y de movilización fascistizadora en escala nacional sde nuclean alrededor de los Municipios que ahora dominan en Miranda, y el efecto conspirativo se potenciaría si llega a peligrar o caer en poder de la oposicion la Gobernación de Miranda.Este es un factor a considerar muy importante para las fuerzas revolucionarias y patrióticas y para el Partido Comunista de Venezuelsa.

Tal situación nois lleva a privilegiar y centralizar el tyrabajo revolucionario general de largo plazo y en la etapa transitoria electoral en la incorporación de la clase obrera y el poder comunal, ,la acción de masas consciente para la organización del triunfo, y el desarrollo posterior de una unidad que garantice la defensa del proceso, porque es evidente que con cualquiera sea el resultado el problema actual ya es de una ofensiva continentasl contra el movimiento revolucionar5io, antiimperialista y progresista en general en Amérrica Latina.

Todo esto nos lleva a considerar este sector de un gran importancia y a poner en tensión todas las fuerzas para obtener un triunfo decisivo, no solo en cada uno de los dos Municipios que componen este sector sino en cada una de sus Parroqwuias, Barrios y sectores de población por pequeños que sean, y a la vez a crear las estructuras organizativas que nucleeen fuerzas revolucionarias, de izquierda, para garantizar el avance al socialismo, la lucha antiimperialista y el avance del proceso en general.

El Partido Comunista de Venezuela está claro y comprometido en esta política, que debe ser la de toda la Alianza ,y por consiguiente, en la gestión inmediata de la escogencia de candidaturas de Alcalde en ambos Municipios,deberá ser un proceso, por encima de todo unitario a lo interno de cada componente de la Alianza, sin manejos burocráticos, ni imposiciones de maquinaria que puedan dejar condiciones que lleguen a poner en peligro el triunfo rotundo que se requiere, y sobre todo la gestión posterior que deberá ser una de avance resuelto y firme al Socialismo, en manos de un partidario real de este proceso y no que se haga presente el peligro de paralización por caer en manos de la denominada derecha endógena.

SOCIALISMO POR ENCIMA DE TODO Y ELECCIONES DE NOVIEMBRE

Por: F. R . B.

El inicio de la Campaña Electoral en el Estado Miranda—ya comenzada por la oposición de manera ilegal y encubierta, con el cuento de la escogencia “unificada” de sus candidatos— se manifiesta por la profusión de carteles de propaganda, actos, declaraciones de prensa diarias en emisoras y periódicos, profusas reuniones proselitistas electorales de distintos niveles y en numerosos sitios, y otras manifestaciones desarrolladas a la vista de todos. Esa es la parte exterior, efectista, de “posicionamiento” y de ganancia de tiempo, en cierto sentido.-

Desde el punto de vista de los planteamientos de fondo las variopintas “opciones” opositoras que se presentan traen una unificadora y bífida marca distintiva temática ::

En primer lugar, la negación a rajatablas de todas las iniciativas, trabajo cumplido y logros positivos alcanzados en el tiempo de gobierno que lleva hasta ahora la Revolución Bolivariana en marcha al Socialismo, haciendo extensivo este argumento a ejecutorias nacionales, regionales y municipal_locales, usando para ello errores reales y supuestos, ejecutorias incompletas en obras y servicios, ataques a las Misiones y etcétera largo en cuanto a negatividad, irracional en muchas oportunidades.-

En segundo lugar, sobre la base anterior asientan, exponen y profundizan una ubicación teórica : con sus argumentos tratan de justificar,inculcar, posicionar, remachar el planteamiento de que todo lo que se relacione con la eliminación del capitalismo, y la marcha hacia sociedades con formas de propiedad colectiva como determinantes, son logros imposibles, y por consiguiente, que todo eso que ellos “denuncian” demuestra que el Socialismo es “imposible”, como logro de la humanidad para enterrar y superar definitivamente al sistema capitalista, de lo cual según ellos mantienen, será también un imposible en Venezuela. Hay que hacer notar como en esta segunda posición ideológica--ser partidarios de mantener el capitalismo y denegar el Socialismo como opción--hay también quienes comulgan con esta concepción y están ubicados en la estructura policlasista de gobierno que es el PSUV.-

Este es el marco de referencia político e ideológico en el que, en líneas generales,se manifestará la lucha de clases en el momento actual en la sociedad venezolana, en el ámbito de la campaña electoral, y es en estos aspectos donde se ubicará la argumentación comunista en la campaña electoral, del Partido Comunista de Venezuela como Partido de la Clase Obrera, del Partido Comunista de Venezuela del Estado Miranda y del Partido Comunista de Venezuela de cada uno de sus Municipios y sectores de población, como es la posición de mantener y garantizar la defensa argumental, no sólo de las ejecutorias y logros de la Revolución, sino, principal y fundamentalmente, de la defensa acerca de la necesidad histórica actual de garantizar en Venezuela el avance al Socialismo.-

Defensa de la marcha al Socialismo que estará por encima de cualquier otra argumentación y en contra de quienes mantienen las concepciones capitalistas, de defensa del sistema capitalista, que constituyen a la oposición como un todo, y por otra parte, que como corrientes procapitalistas, están anidadas dentro del policlasista PSUV y mantienen esa posición--defensa del capitalismo-- de manera abierta, unos, y encubierta y camaleonizada otros.

Y ese será nuestra visión principal, la del Partido Comunista de Venezuela en Miranda y sus Municipios, que se manifiesta y está recogida en el argumento sintetizado del PCV Miranda de que: “Nuestro Candidato es el Socialismo”, lo que no es nuevo, sino que viene siendo el objetivo de lucha por el Socialismo que han planteado desde los años veinte los primeros venezolanos que iniciaron la difusión de las ideas del Comunismo en América Latina y Venezuela, con Gustavo Machado a la cabeza; y que simultáneamente también difundieron los marineros adscritos a la organización del Mar de la Internacional Comunista, quienes se encargaban de llevar libros, documentos, hojas de propaganda del comunismo y de promover organizaciones comunistas por todo el mundo, incluídos puertos importantes de Venezuela donde esa influencia llegó.

Objetivo de lucha por el Socialismo y el Comunismo, que planteó el Partido Comunista de Venezuela desde su iniciación ya orgánica como tal con Células en Caracas en el año 31, y su consolidación estructural en el País, en la Primera Conferencia Nacional en Agosto de 1937, planteamiento y objetivo de lucha por el Socialismo y el Comunismo mantenido a lo largo de toda su historia, en los momentos más difíciles, incluidos los de la desaparición de la URSS, cuando el PCV mantuvo sus banderas de luchas por el Socialismo y el Comunismo altivamente, en alto y como base de nuestras luchas.-

Es entonces muy importante en este momento--en el marco del uso de las distintas formas de lucha que se genera en los procesos electorales--ratificar dos concepciones fundamentales en nuestro trabajo comunista en la Campaña Electoral, en relación con:: a) la situación política nacional, y b) el planteamiento ideológico en la situación actual venezolana.-

En relación a tales planteamientos la posición de los comunistas será clara en cuanto a:

a) La defensa de los logros de la Revolución Bolivariana, en todas las escalas, nacional, regional y local, que han beneficiado a la población del Estado Miranda.-

b) La exposición de la necesidad histórica del avance al Socialismo, contra los enemigos de esta concepción, que son los integrantes del oposicionismo, y quienes, dentro de una estructura policlasista como es el PSUV defienden sus concepciones capitalistas--que los hay allí y bastantes--en contra de quienes por esencia ideológica e histórica preconizamos la necesidad histórica de avanzar al Socialismo, como somos el Partido Comunista de Venezuela, quienes en otros Partidos y Organizaciones del movimiento popular son consecuentes con posiciones por el Socialismo y quienes dentro del PSUV mantienen también esa opción.

Este será, entonces el marco, dentro de la lucha de clases, que operará en las confrontaciones propias de toda lucha electoral, en las que el Partido Comunista de Venezuela está perfectamente claro: defender los logros de la Revolución y luchar denodadamente por agrandar y hacer avanzar el conjunto social de quienes luchamos por avanzar al Socialismo.-

Fuente: Prensa Popular Comunistas Miranda

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miércoles, 16 de julio de 2008

BERTINOTTI E IL PARTITO

Di Ramon Mantovani
Nel forum del 23 marzo su Liberazione
Bertinotti ha anche affrontato la questione del Partito.



Dopo aver detto che negli ultimi venti anni la sinistra si è fatta prevalentemente centro e che la stessa nozione di sinistra "si è frantumata in mille schegge", e dopo aver citato Pintor per sostenere che la priorità è rimeritarsi la fiducia della propria gente, Bertinotti parla di "un nuovo inizio".

Ecco la citazione: "Adesso è un nuovo inizio per la sinistra e, se non riusciamo a darne conto, non ce la possiamo fare, perché veniamo, oltre che dalla sconfitta del '900, anche da una sconfitta del nostro tempo. L'esperienza di Rifondazione è meritevole, ma è parte di questa sconfitta anche se è senza colpe. Per questo, io credo che nel processo unitario a sinistra ognuno deve dire per sé cosa tiene e cosa lascia. Cioè: Rifondazione per Rifondazione, Pdci per il Pdci, i Verdi per i Verdi, stessa cosa per Sd e la sinistra diffusa. Bisogna che proviamo a fare questo esercizio per il nuovo inizio e il collegamento con la propria gente".


Sconfitta? Nuovo inizio? Sinistra diffusa?


Lo dico davvero senza intenti polemici, ma questi concetti sono stati alla base della svolta della bolognina.


Hanno la forza suggestiva di dar conto di uno stato d'animo ben presente in molti, se non in tutti.
Che, con il trionfo del capitalismo, siamo stati sconfitti è sotto gli occhi di tutti. Che fare? Una cosa nuova capace, magicamente, di renderci migliori e più forti. Con chi? Ma Con la sinistra diffusa, naturalmente!


Queste cose, però, hanno il grave difetto, a mio parere, di essere tanto generiche quanto incapaci di affrontare i veri problemi che abbiamo di fronte, Anzi, di più, essendo una fuga dai problemi, al di là delle suggestioni fugaci, finiscono con l'aggravarli.


Di che sconfitta parliamo? Anche partendo dal punto di vista di Bertinotti (e della parziale citazione di Pintor), cioè dalla constatazione che si è persa la fiducia della propria gente, bisognerebbe interrogarsi maggiormente sul perché, piuttosto che indicare, in modo assolutamente tautologico, che bisogna riguadagnare la fiducia persa.



Per anni, Bertinotti in testa, abbiamo analizzato le nuove contraddizioni, e le nuove forme delle vecchie contraddizioni, prodotte dalla globalizzazione capitalistica. Partendo dalla constatazione della sconfitta storica del movimento operaio del 900, tanto nella sua versione comunista come in quella socialista e socialdemocratica, abbiamo individuato nel nascente movimento contro la globalizzazione il luogo e la stessa possibilità che l'anticapitalismo tornasse ad essere un'opzione politica e non solo un campo di ricerca culturale o un terreno di pura testimonianza. E' per questo, e non per una moda, che abbiamo parlato dei limiti del partito politico novecentesco.



Limiti di dimensione nazionale e limiti nel rapporto gerarchico con i movimenti sociali, locali o globali, intrinseco all'idea della conquista del potere (o, peggio ancora, del governo). E' così che abbiamo innovato, e rotto con precisi punti della tradizione comunista e della sinistra. Basti pensare alla caduta del governo Prodi nel 98, alla nostra internità nel movimento mondiale e italiano, a Genova, alla pratica della disobbedienza civile e sociale, all'idea del baricentro sociale della nostra attività, alla critica del potere di ispirazione zapatista e così via.


Io credo che avevamo incominciato a ricostruire un rapporto di fiducia con la nostra gente. Che misuravamo nelle dinamiche di movimento, nella vittoria di tante lotte all'inizio degli anni 2000, nei segni di crisi delle politiche neoliberiste e nella coscienza, sempre più diffusa, fra le popolazioni del carattere mistificatorio delle magnifiche sorti della globalizzazione. Parlo della sovranità alimentare, della questione ambientale globale, della precarietà e dell'emarginazione come elementi costitutivi del nuovo capitalismo, dell'offensiva conservatrice ideologica di un nuovo oscurantismo autoritario e di altro ancora.


Avevamo, tutti, evitato accuratamente di essere fuorviati dalla misurazione elettorale di questo processo. Altrimenti, essendo passati dal 8,3% al 4,3%, avremmo dovuto dar ragione a Cossutta, e non avendo avuto impennate negli anni successivi che pure sono stati densi di conflitti, bensì un recupero lento e faticoso, avremmo dovuto evitare come la peste di imbarcarci in un'esperienza di governo.


Avevamo, cioè, pensato che si era incominciato un cammino. Per molti versi assolutamente nuovo per un partito politico. Ma non era un nuovo inizio, era l'inveramento della rifondazione comunista. Un cammino i cui tempi non dovevano essere scanditi dalla contingenza politica, elettorale o meno, ma dalla ri/costruzione del movimento anticapitalista mondiale. Un cammino dalla grande vocazione strategica e contraddistinto dalla necessità di sperimentare in mare aperto, contaminandosi con altre culture ed esperienze in seno al movimento.


Con ciò non voglio sorvolare sui limiti della forma partito, tema sul quale Bertinotti si è esercitato e sul quale tornerò, ma rimettere le cose in piedi.


Considero, infatti, una svolta politicista, un vero capovolgimento di linea, il discorso di Bertinotti alla prima assemblea di Sinistra Europea.


Ma come? Eravamo così in buona salute, noi e i movimenti, da tentare la strada impervia del governo e dopo un anno, quando si comincia a constatare una crisi, invece di prendere il toro per le corna, visto che la crisi era chiaramente provocata dalla delusione per le politiche del governo, sulla base di un banale cattivo risultato alle amministrative, si parla di rischio vitale per la sinistra, si abbandona nei fatti il progetto strategico di cui sopra, si propone un nuovo inizio, di andare oltre rifondazione e di fare tutto in fretta e furia?


Per parte mia rivendico ciò che scrissi nel giugno 2007, pubblicato anche qui sul blog.
http://ramonmantovani.wordpress.com/2007/06/


Ma vorrei aggiungere oggi, che le cose sono molto più chiare, che non aver affrontato per tempo il tema della permanenza al governo, a causa della cultura governista degli altri della Sinistra Arcobaleno, ha finito con il ridurre anche il progetto unitario, che da moltiplicatore annunciato di consensi (il 15% come minimo si proclamava!) si è trasformato in riduttore di voti e di consensi sociali.


Siccome penso che un partito sia soprattutto un progetto strategico collettivo, e non una semplice forma di organizzazione autoreferenziale, conseguentemente ritengo che solo in ragione di un profondo cambio di strategia si possa ritenere necessario andare oltre il partito stesso. Ed infatti Bertinotti questo ha proposto e propone anche in campagna elettorale.


Si dirà, contro l'evidenza dei fatti, che si vuole perseguire la stessa strategia, che nell'esercizio del "dire per sé cosa si tiene e cosa si lascia" rifondazione investirà il meglio di se stessa nel nuovo partito e vincerà una battaglia egemonica.


Vediamo cosa vuole tenere e cosa lasciare Bertinotti e soprattutto perché:


Cosa va abbandonato? La cultura organizzativa in cui abbiamo lasciato imprigionare questa innovazione. Il nostro rinnovamento culturale si è prodotto sul terreno delle culture politiche e non sul terreno delle forme di organizzazione della politica. Dobbiamo sperimentare forme di organizzazione che consentano una riconnessione sentimentale con il tuo popolo, sennò non ce la facciamo e l'organizzazione funziona come intercapedine e si ferma lì. Faccio un'autocritica rispetto al periodo della mia direzione di Rifondazione: rivendico il coraggio innovativo del congresso di Venezia, ma, curiosamente, visto che noi veniamo dalle culture critiche ed eretiche del movimento operaio e abbiamo assorbito la lezione del femminismo e della cultura di genere, c'è stato anche un errore politico. Parlo per me: ho pensato che si potesse fare l'innovazione politico-culturale solo pagando il prezzo di non toccare il paradigma organizzativo."


Argomenti interessanti, che però non condivido per niente.


Io non credo che antistalinismo, nonviolenza e l'ambigua formula "immersione nei movimenti" siano il nocciolo fondamentale dell'esperienza di Rifondazione Comunista da investire in un processo unitario. Non perché non siano effettivamente elementi innovativi. Bensì perché non sono dirimenti e possono essere messi al servizio di progetti strategici ben diversi fra loro. Una cosa è, infatti, avere un'analisi della globalizzazione che parla della necessità di mettere in discussione il concetto di potere (figuriamoci di governo) e di conquista del potere, e con esso la violenza intrinseca ai rapporti sociali e politici, proponendo la nonviolenza come forma più efficace e più alta di antagonismo.



Un'altra è predicare la nonviolenza quasi come elemento etico e fondante l'identità politico-culturale, con il quale leggere il potere e il mondo contemporaneo. Dico che è un'altra cosa perché, sebbene non incompatibile con un radicale antagonismo, non lo garantisce affatto. Non è un caso, infatti, che Bertinotti abbia avuto tanti riconoscimenti maliziosi su questo punto da molti che hanno visto nella "svolta nonviolenta" un abbandono dell'estremismo e del massimalismo (leggi dell'antagonismo e della radicalità) di Rifondazione. Non penso che Bertinotti sia colpevole di questo, eppure dovrebbe porsi il problema della lettura prevalente che si fa di questa cosa anche nell'ambito della Sinistra Arcobaleno.


Il concetto di "immersione nei movimenti", parimenti, è compatibile con qualsiasi linea o progetto politico. Chi volete che dica che bisogna starne fuori? Che bisogna ignorarli? Il problema è se sono essi il centro della politica, se sono dotati di progettualità propria, o se sono il classico sommovimento nel quale stare per indirizzarlo, per dirigerlo e possibilmente per conquistarne il consenso. Ho già detto che Bertinotti, su questo, usa una formula ambigua, ma come non vedere che la maggioranza della Sinistra Arcobaleno, compresi oramai diversi di Rifondazione, ripropongono la formula più classicamente novecentesca del rapporto fra politica e sociale, fra politica e movimenti?


Infine, lo stalinismo e l'antistalinismo.


Atteso che sugli "errori ed orrori" siamo d'accordo tutti, almeno spero, voglio dire alcune cose in modo provocatorio.


Chiedere a una platea, congressuale per esempio, di votare su una proposta generica e volutamente ambigua, riservando ad una ristretta cerchia oligarchica impegnata a darsi coltellate dietro le quinte, sulle liste elettorali per esempio, le vere decisioni, ha a che vedere con lo stalinismo o no? O è un male inevitabile della forma partito?


Il leadersimo, anche se è un prodotto di questi tempi e del sistema massmediologico, quando non è sottoposto a critica e non si tenta nemmeno di superarlo nel tempo, ha a che vedere con lo stalinismo o no? O è anch'esso un male prodotto necessariamente dalla forma partito?


Bertinotti avrebbe ragione ad autocriticarsi, avendo pensato di poter fare "l'innovazione solo pagando il prezzo di non toccare il paradigma organizzativo". Ma non è vero che le cose sono andate così. E' vero che il paradigma organizzativo, formalmente, non è stato toccato. Il problema è che è stato svuotato senza che fosse sostituito con uno più democratico o, almeno, migliore e più coerente con il progetto strategico che via via è stato costruito.


A un certo punto Bertinotti ha teorizzato che bisognasse implementare l'informalità nella discussione e nei processi decisionali. Ricorderà che mi sono opposto, senza successo, a questa sua idea. Il risultato è stato un incremento del leaderismo, un clima di conformismo crescente, e la crisi di credibilità e soprattutto di autorevolezza degli organismi preposti, nel paradigma, a prendere decisioni e ad assumersi responsabilità.


Ora, cosa può spingere un segretario di un partito a pensare che si possa cambiare linea, strategia e cultura politica di un partito "solo" senza riformare l'organizzazione? Sarò esagerato, forse, ma l'unica risposta plausibile mi sembra: perché pensa che il partito è irriformabile!


Tutto l'assunto di Bertinotti sul rapporto innovazione politico-culturale e partito è da rovesciare.
La rilevanza dell'innovazione nel campo della libera ricerca è una cosa, ma in politica le analisi, le svolte, e le stesse idee che Bertinotti ha avuto l'indiscutibile merito, anche se non esclusivo, di produrre, fuori del partito organizzato sarebbero rimaste inerti e non avrebbero avuto alcuna rilevanza. Sarebbero rimaste articoli su qualche rivista o forse non sarebbero nemmeno nate.



Sarebbero, cioè, rimaste testimoniali. L'organizzazione non è una "intercapedine", è lo strumento per agire ed anche per decidere. La connessione fra una politica (perfino un leader) e il popolo non è mai impedita o intralciata dall'organizzazione di partito. Casomai è resa tendenzialmente stabile e non esposta ai rovesci che può subire o, peggio, agli errori personali del leader.


Per questo, invece della comoda informalità, sarebbe stato meglio dedicarsi ad un lavoro paziente per mettere mano alle degenerazioni dell'organizzazione, ai personalismi e ai carrierismi, alla sbagliata divisione del lavoro, al carattere monosessuato della stessa organizzazione e così via.
E' profondamente ingeneroso verso decine di migliaia di militanti pensare che non siano stati capaci di riformare la propria casa a causa dell'errore del capo, che non si era posto il problema e che oggi si autocritica.


Io penso che i problemi evidenti, connessi alla crisi ed alla irripetibilità dei modelli dei partiti di massa o di avanguardia del novecento, stiano tutti di fronte a noi. Rimarranno e si aggraveranno se si darà vita ad una forza politica leaderista ed incerta su questioni come il governo, sia che abbia una forma federata o unificata.


Credo che Rifondazione Comunista, con tutti i suoi limiti e difetti, non debba perdere se stessa perché è il luogo, lo spazio politico, migliore per procedere anche ad una profonda riforma dell'organizzazione politica, da mettere a disposizione in qualsiasi processo unitario che ne rispetti l'identità e l'autonomia.


Fuente: Bellaciao.Org/ Prensa Popular Comunistas Miranda



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BERTINOTTI NON SARÁ IL SEPOLTORERO

Bertinotti, dalla Rifondazione Comunista a quella socialista!

di Leonardo Masella


Fausto Bertinotti e Gennaro Migliore rompono la moratoria del dibattito interno al Prc decisa per non danneggiare la campagna elettorale e affermano pubblicamente le loro posizioni, con dichiarazioni molto pesanti e gravi sia per il danno alla campagna elettorale che per il destino del Prc e del comunismo italiano.


Bertinotti due giorni fa dichiara che "la questione di una forza socialista in Italia è un problema aperto, in questa campagna elettorale non ha una risposta soddisfacente… se la Sinistra Arcobaleno avrà successo dovrà aprire un discorso con i socialisti e la storia socialista".


Poiché la dichiarazione è ancora un po' ambigua, ci pensa Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera del Prc e yes-man dell'ex-presidente della Camera, a chiarire. Ieri candidamente e schiettamente annuncia che "La Sinistra – L'Arcobaleno" deve diventare un partito unico e che questo partito si potrebbe fare anche con lo Sdi di Boselli (e Craxi e De Michelis).


C'è da ringraziare Bertinotti e Migliore, perché chiariscono finalmente (sia pure in campagna elettorale e quindi danneggiando l'esito del voto) qual è il loro progetto strategico che avevano finora tenuto più o meno nascosto: quello di costruire una forza socialista e riformista, compatibile con il sistema. Per questo hanno distrutto il Prc, con un processo di demolizione sistematica e scientifica di tutta la cultura politica comunista e antagonista, che si conclude con l'omologazione governista degli ultimi due anni, che ha dato il colpo finale.


Dalla Rifondazione Comunista alla Rifondazione Socialista, appunto, come da tempo andiamo dicendo.


A questo punto chiediamo a tutti gli iscritti del Prc e alle altre aree critiche: perché se Bertinotti può affermare tranquillamente che "la questione di una forza socialista in Italia è un problema aperto, in questa campagna elettorale non ha una risposta soddisfacente" e Migliore invita addirittura Boselli in un nuovo futuro partito socialista, noi non possiamo dire, contemporaneamente alla difesa e al rilancio del Prc e della rifondazione comunista, che se c'è una questione aperta in Italia questa è la questione di una forza comunista, come si vede proprio da questa campagna elettorale ?


Non si può più andare avanti così.



Dopo le elezioni, bisogna fare immediatamente il congresso interrotto e rinviato, dando finalmente la parola agli iscritti. Non si può più rinviare il chiarimento definitivo su queste due opzioni fondamentali:



1.-Se si vuole fare un partito socialista e riformista o,



2.-Se si vuole fare un partito comunista e antagonista al capitalismo.



Fuente:Bellaciao.Org/ Prensa Popular Comunistas Miranda

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BERTINOTTI LIQUIDA RIFONDAZIONE COMUNISTA

Por: Gianluigi Pegolo

Le dichiarazioni di Bertinotti circa il futuro dell'Arcobaleno sono chiare e non lasciamo dubbi circa l'intenzione che ha una parte rilevante dell'attuale maggioranza di Rifondazione.

L'idea è quella di costruire un partito superando definitivamente ogni resistenza tesa a conservare l'autonomia politica ed organizzativa del PRC. Ogni ipotesi di strutture federate o confederate viene esclusa e le singole identità politiche si riducono a tendenze culturali interne al partito unico.

Questa impostazione liquidatoria segna la pietra tombale per la storia dei comunisti, oltre ad essere fallimentare nell'ipotesi di un più generale rilancio della sinistra italiana, ed è per questo che va respinta nel modo più fermo.

Fuente/L"Stampa/Prensa Popular Comunistas Miranda
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domingo, 13 de julio de 2008

LOS CRÍMENES ISRAELÍES SON ABOMINABLES

Por: Grupo Información Palestina Libre



El Dr. Attala Hanna, arzobispo de Sebastia y conocido patriota palestino, afirmó que lo que está ocurriendo en Gaza es un crimen abominable cometido a plena luz ante los ojos y los oídos del mundo entero, señalando que la trágica escena de niños asesinados y madres desesperadas es un grito al mundo para que rompa su silencio hacia estas atroces masacres israelíes.



"No es suficiente con denunciar lo que está sucediendo; es necesario un movimiento árabe serio que pare esta brutal agresión que no lleva sino a mayores tragedias y desastres en Gaza", dijo Hanna en una declaración recibida en el PIC. El arzobispo describió las atrocidades israelíes en Gaza como "una grave violación de todos los valores y la moral humana, añadiendo que Israel, desde el primer momento en que ocupó la tierra palestina, no ha parado de cometer crímenes".



El arzobispo pidió al pueblo palestino de la Jerusalén ocupada que se dirigieran a los hospitales palestinos más cercanos para donar su sangre y confirmar así que el cuerpo del pueblo palestino es sólo uno. Por su parte, el diputado Dr. Mustafa Al Barghouti, secretario general de Iniciativa Nacional Palestina, afirmó que la agresión israelí contra Gaza no ha sido en respuesta a los ataques con cohetes que Israel alegó, sino que es uno de los frutos de la Conferencia de Annapolis que no hizo sino proporcionar cobertura a los crímenes israelíes contra el pueblo palestino.



En una conferencia de prensa en Ramala, el Dr. Barghouti acusó a la ocupación israelí de estar buscando imponer un plan que no tiene otro objetivo que separar Cisjordania de Gaza y convertir a la Franja en una zona de desastre, haciendo de ello responsable a Egipto y, además, unir Cisjordania a Jordania para abortar la idea de un estado palestino independiente.



El parlamentario subrayó que el arsenal del ejército israelí no sólo se había utilizado contra civiles desarmados, sino que destruyó también el centro de asistencia médica en Gaza y un buen número de centros médicos especializados que se han venido ocupando de atender a más de 120.000 heridos palestinos, añadiendo que muchas de las secciones de los hospitales de Gaza tuvieron que interrumpir sus servicios como consecuencia de la falta de medicinas fundamentales y suministros médicos.



Destacó que lo que está sucediendo es una agresión contra los Estados árabes y su seguridad nacional, exigiéndoles que despierten ya de su letargo y defiendan esa seguridad amenazada por Israel. En un contexto relacionado, los miembros del Alto Comité para las Masas Palestinas de las Tierras Palestinas ocupadas en 1948 pidieron, en una reunión de emergencia del domingo pasado, que se callaran todas las voces que hacen a Hamas responsable de las masacres israelíes en Gaza, denunciando firmemente las declaraciones de Riyadh Al-Maliki en las que justificaba los crímenes de Israel contra el pueblo de Gaza.



En el encuentro, el parlamentario Yamal Zahalka, presidente de la Alianza Democrática Nacional del bloque parlamentario, subrayó que todo el mundo sabe que Hamas está siempre dispuesto a declarar el alto el fuego, mientras que es Israel quien rechaza continuamente hacerlo, añadiendo que Israel es responsable de los ataques de cohetes contra sus asentamientos porque rechaza el alto el fuego con Hamas y continúa sin descanso sus crímenes contra Gaza.



Por su parte, el parlamentario de la Knesset, Mohamed Barakeh, presidente del Frente Democrático para la Paz y la Igualdad, opinó que la única voz que debe escucharse en estos momentos es la voz de la unidad y la lucha contra la guerra criminal emprendida contra el pueblo palestino en Gaza, añadiendo que cualquier voz que vaya en contra de ese objetivo debe silenciarse.



El parlamentario Sr. Barakeh resaltó que todos los indicadores muestran que los próximos días van a ser testigos de una escalada israelí en sus crímenes contra Gaza y Cisjordania porque Israel describe su guerra como una campaña que es preludio de una agresión mayor. Al finalizar el encuentro, el comité hizo un llamamiento para que se continúen organizando protestas locales contra las continuas masacres israelíes, anunciando su intención de preparar para el martes, a las siete de la tarde, una marcha masiva en la ciudad de Umm Al-Fahem.



Fuente: Palestina Info/ Prensa Popular Comunistas Miranda

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LATIN AMERICAN CRISIS TRIGGERED BY AN ASSASINATION MADE IN USA

By Bill Van Auken



Nearly a week after Colombia's cross-border raid against an encampment of the FARC (Revolutionary Armed Forces of Colombia) guerrilla movement in neighboring Ecuador, Latin America continues to confront its worst regional diplomatic and military crisis in decades.



The US government and mass media have weighed in with unsolicited judgments and advice, attributing the tense standoff between Colombia, Ecuador and Venezuela to the threat of terrorism to Colombia, the complicity in terrorism on the part of Venezuela and overheated animosities between the respective heads of state of these three countries.



State Department spokesman Tom Casey declared that "it's important to recognize that the events that took place were, in fact, a response to the presence of terrorists." Similarly, White House spokeswoman Dana Perino affirmed that Colombia "was defending itself against terrorism." This official reaction extends to Colombia—Washington's principal client state in South America and the recipient of some $600 million annually in American military aid—the mantle of the Bush Doctrine, which holds that in the "global war on terrorism" such niceties as respect for sovereign borders and international law no longer apply.



The Washington Post went a step further, calling the March 1 raid a "remarkable success" and accusing Venezuelan President Hugo Chavez and Ecuadoran President Rafael Correa of "backing an armed movement with an established record of terrorism." It compared the strike on the FARC camp to US air strikes against Al Qaeda in Pakistan. And the New York Times, the voice of America's erstwhile liberal establishment, found it "hard to believe that in the 21st century the democratically elected governments of Colombia, Ecuador and Venezuela would be talking about war."



While acknowledging that Colombia's raid constituted "an infringement of Ecuador's territory—a sensitive issue anywhere," it urged the presumably hot-headed Latin leaders of Ecuador and Colombia to "cool their rhetoric and begin a serious discussion of how they can jointly secure their borders against the FARC." One would never guess that Washington had any role in the bloody events on the Colombian-Ecuadoran border.



The Bush administration portrays itself—and is largely portrayed by a compliant media—as a selfless champion of democratic values and faithful ally of the people's of the southern hemisphere. The facts, however, tell another, far uglier story. The three Andean nations have been brought to the brink of war by a brutal and cold-blooded political assassination carried out to further the interests of US imperialism at the expense of the Colombian people and the population of the entire region.



The March 1 raid was carried out not to defend Colombia from terrorism, but to murder one man, Raul Reyes, considered the second-in-command of the FARC and the guerrilla movement's principal international spokesman and diplomatic representative. He was well known in both Latin America and Europe, having served as the principal FARC negotiator in the abortive attempt under the government of President Andres Pastrana (1998-2002) to broker a peaceful settlement of the civil conflict that has wracked Colombia for more than four decades. During that same period, he met with officials of the Clinton State Department.



To carry out this political murder, air strikes were called in against the camp inside Ecuador as Reyes and some 20 of his comrades slept. Commandos were then sent into the camp to finish off most of the survivors and haul Reyes's bloody corpse back to Colombia as a political trophy for the right-wing US-backed government of President Alvaro Uribe. This ruthless attack was staged not to ward off some pending terrorist attack.



On the contrary, it was designed as a "preemptive strike" against a negotiated release of hostages held by the FARC, among them a former presidential candidate, Ingrid Betancourt, who holds joint Colombian-French citizenship and has been held prisoner by the FARC for six years. Just two days before the border massacre, French President Nicolas Sarkozy publicly called for the release of the ailing Betancourt and announced that he was prepared to fly to the Colombian border to personally receiver her.



The FARC itself issued a statement that Reyes had been working through Venezuelan President Chavez to concretize plans for a meeting with Sarkozy to arrange for the hand-over of Betancourt. The French government has not denied this account. Indeed, on Monday, French Foreign Minister Bernard Kouchner told the media, "It's bad news that the man we were talking to, with whom we had contacts has been killed.



Do you see how ugly the world is?" Meanwhile, a French deputy foreign minister confirmed the role played by Chavez in mediating the Sarkozy-FARC hostage negotiations. "President Chavez has taken the initiative, he had taken the initiative earlier on that had allowed for the release of several hostages even though the situation had been blocked for some time, so we are aware of his involvement and the important role he has played," the minister, Rama Yade, told a news conference in Geneva.



After the news of Reyes's assassination, the French foreign ministry issued a pointed statement to the effect that the Colombian government was well informed that France was conducting negotiations with him. This statement was fleshed out this week by the Argentine press. Citing sources in the Argentine foreign ministry, it reported that Sarkozy had sent a delegation of three personal envoys to Colombia and that they were in the border region to meet with Reyes.



"On Saturday the day of the cross-border raid, the three negotiators were 200 kilometers from the attack zone and were headed for a meeting with Reyes when they received a call," the daily Pagina 12 reported. It was Luis Carlos Restrepo, head of the Colombian government's Peace Commission, who warned them not to go to the meeting place. US role in Reyes's assassination Colombian officials have openly acknowledged the role of US intelligence agencies in instigating and coordinating the March 1 targeted assassination.



General Oscar Naranjo, commander of the national police told reporters it was no secret that the Colombian military-police apparatus maintained "a very strong alliance with federal agencies of the US." The Colombian radio network, Radio Cadena Nacional (RCN), reported Wednesday that Reyes's location was pinpointed by US intelligence as a result of monitoring a satellite phone call between the FARC leader and Venezuelan President Chavez.



The February 27 call—three days before the raid—came after the FARC released to Venezuelan authorities four former Colombian legislators—Gloria Polanco, Luis Eladio Perez, Orlando Beltran and Jorge Eduardo Gechem—who had been held hostage for nearly seven years. "Chavez was thrilled by the release of the hostages, and called Reyes to tell him that everything went well," RCN reported. Presumably, the CIA or other US intelligence agencies were also tapping phone calls between Reyes and French officials over the proposed release of Betancourt.



Another Colombian station, Noticias Uno, cited intelligence sources as saying that they had received photographs from "foreign spy planes" pinpointing the location of Reyes's camp in Ecuador. The Colombian police commander insisted that, while relying on US intelligence, the March 1 attack was an "autonomous operation." This claim is improbable to say the least.



US military "trainers" are attached to the elite counterinsurgency units that would have been employed in the ground attack that finished off the survivors of the aerial bombardment. As for the air raid itself, Ecuador's Defense Minister Wellington Sandoval reported the attack included the use of five "smart bombs" of the type utilized by the US military. "It is a bomb that hits within a meter of where it is programmed, from high velocity airplanes," he said. He added that to target Reyes with such weapons, "they needed equipment that Latin American armed forces do not have."



Both Washington and the right-wing regime in Colombia were determined to stop any further hostage releases in order to further efforts to politically isolate the Chavez regime and to enforce the Bush administration's proscription against negotiations with "terrorists." At the same time, the bombs dropped on the FARC encampment were undoubtedly also meant as a message to Sarkozy not to meddle in Yankee imperialism's "backyard."



It should be recalled that the French president, shortly after his election, sent his then-wife to Libya to consummate the release of six medical workers who had been held for eight years on false charges. This political coup managed to bypass the European Union, which had been negotiating the release, and paved the way for lucrative Libyan contracts for French corporations. Washington had no intention of seeing Paris pursue a similar path in relation to Venezuela, which constitutes the fourth largest source of US oil imports.



In the final analysis, this episode in the "global war on terrorism," which has brought three South American nations to the brink of armed conflict, is the product of a filthy political murder carried out to defend the strategic and profit interests of US capitalism. It is a reminder that "Murder, Inc."—as the CIA became known during the 1960s and 1970s, when it organized numerous assassinations and assassination attempts, along with right-wing coups and dirty wars—is still very much in business in Latin America. See Also: US-backed border massacre brings South America to brink of war.



Fuente: wsws.org/Prensa Popular Comunistas Miranda
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COSTS OF THE IRAK WAR

Since 2004, IPS has been tracking the costs of the Iraq War in human and financial costs to the United States, Iraq, and the rest of the world.

This latest fact sheet is designed to help bring a full understanding of the devastation of the war. The PDF link for this article provides the following information in an easy to read format designed for duplication and popular education.

U.S. military killed in Iraq: 3,973. Number of U.S. troops wounded in combat since the war began: 29,203. Iraqi Security Force deaths: 7,924. Iraqi civilians killed: Estimates range from 81,632-1,120,000. Internally displaced refugees in Iraq: 3.4 million . Iraqi refugees living abroad: 2.2-2.4 million . Iraqi refugees admitted to the U.S.: 3,222. Number of U.S. soldiers in Iraq: 155,000 . Number of "Coalition of the Willing" soldiers in Iraq: February 2008: 9,895 September 2006: 18,000 November 2004: 25,595.

Army soldiers in Iraq who have served two or more tours: 74% . Number of Private Military Contractors in Iraq: 180,000 . Number of Private Military Contractors criminally prosecuted by the U.S. government for violence or abuse in Iraq: 1 Number of contract workers killed: 917. What the Iraq war has created, according to the U.S. National Intelligence Council: "A training and recruitment ground (for terrorists), and an opportunity for terrorists to enhance their technical skills."

Effect on al Qaeda of the Iraq War, according to International Institute for Strategic Studies:
"Accelerated recruitment" .

The bill so far: $526 billion . Cost per day: $275 million . Cost per household: $4,100 . The estimated long-term bill: $3 trillion .

What $526 billion could have paid for in the U.S. in one year:

Children with health care: 223 million, or Scholarships for university students: 86 million , or Head Start places for children: 72 million. Cost of 22 days in Iraq could safeguard our nation's ports from attack for ten years. Cost of 18 hours in Iraq could secure U.S. chemical plants for five years. Iraqi Unemployment level: 25-40% . *U.S. unemployment during the Great Depression: 25.-

NaV of the Iraqi population is without access to clean water. 80% is without sanitation. 90% of Iraq's 180 hospitals lack basic medical and surgical supplies. 79% of Iraqis oppose the presence of Coalition Forces. 78% of Iraqis believe things are going badly in Iraq overall. 64% of Americans oppose the war in Iraq.

What the "Declaration of Principles" has set according to Defense Secretary Robert Gates: "A mutually agreed arrangement whereby we have a long and enduring presence."

Erik Leaver is the policy outreach director for Foreign Policy In Focus and a research fellow at the Institute for Policy Studies. Jenny Shin is an intern at the Institute for Policy Studies.

Fuente:.fpif.org/ Prensa Popular Comunistas Miranda
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ORGANIZACIÓN COMUNISTAS MIRANDA CENTRO INVITA A MILITANCIA Y AMIGOS A LOS ACTOS DEL 80 ANIVERSARIO

ORGANIZACIÓN COMUNISTAS MIRANDA CENTRO INVITA A MILITANCIA Y AMIGOS A LOS ACTOS DEL 80 ANIVERSARIO
La Organización Intermunicipal Miranda Centro del Partido Comunista de Venezuela invita a nuestra militancia, afiliados, amigos y simpatizantes a los Actos de Celebración del 80 Aniversario de nuestro Glorioso Partido Comunista de Venezuela, a realizarse según datos ubicados en la Gráfica. Los esperamos para nuestra celebración, con espíritu y combatividad comunista, revolucionario y patriótico!!! Asiste!!

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