La Grecia chiama..
di Francesco Maringiò
su L'ERNESTO del 06/05/2010
LE SCIOPERO DO 5 MAGGIO HA LETERALMENTE BLOCCATO IL PAESE
Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata dal Pame (il grande sindacato greco egemonizzato dai comunisti) in 68 città in tutta la Grecia.
Spunti e riflessioni sulla lotta del popolo greco e sul ruolo centrale dei comunisti
Sulla prima pagina dei principali quotidiani italiani del 5 maggio campeggiava in evidenza la foto dello striscione posto dal KKE all’Acropoli di Atene. Persino il prestigioso quotidiano di via Solferino ha dato la notizia in prima pagina e, assieme ad esso, anche altre testate nazionali come La Stampa, Liberazione, il manifesto. Non Repubblica, il cui anticomunismo “gentile” continua anche dopo la fine del PCI (a cui ha culturalmente contribuito). Il 6 maggio invece, le prime pagine sono tutte per gli scontri, i tafferugli, la guerriglia urbana ad Atene in cui hanno perso la vita tre persone.
Non deve stupire allora se il KKE, il Partito Comunista Greco, non ha usato giri di parole per condannare e prendere le distanze da certe azioni, volte ad indebolire il movimento di lotta. Come già accaduto un anno fa, quando il KKE denunciò la presenza di infiltrati e provocatori nei cortei, ricevendo le critiche (e lo sberleffo) di tanti gruppi italiani (simpatizzanti chi per il Koe, chi per il Synaspismos che invece quegli scontri appoggiavano) ed addirittura dalle colonne di Liberazione e del Manifesto.
A distanza di tempo, le ragioni di chi condannava la violenze e le provocazioni sono evidenti ai più. Come si legge nel documento diffuso dal KKE: “La manifestazione organizzata dal Pame, che è stata di massa e protetta dal servizio d’ordine, ha dato una risposta vibrante all’azione provocatoria organizzata da alcuni gruppi ed alcune dinamiche che hanno il solo fine di disorientare la gente per far perdere consenso alla mobilitazione di massa, calunniare il KKE, ridimensionare il ciclo di lotte ed intimidire i lavoratori.
Nel suo discorso al parlamento, subito dopo l'annuncio della morte di tre persone, Aleka Papariga, segretaria nazionale del KKE, ha fatto la seguente dichiarazione:
«Le persone che lavorano , che vivono oggi un attacco senza precedenti, il peggiore dal 1974, sono in grado di distinguere quella che è una sistematica lotta politica in difesa dei loro diritti e delle loro rivendicazioni, una lotta che può assumere molte forme a seconda delle condizioni in ogni momento. I lavoratori distinguono con chiarezza tutto questo da ogni piano volto a mettere in affanno le loro lotte, da ogni azione provocatoria che causa vittime innocenti ed aiuta tutti coloro che vogliono creare una situazione tale per cui tutte le lotte vangano screditate».
Ed inoltre Aleka Papariga ha puntato l’indice contro il Laos (partito nazionalista di estrema destra) e le formazioni di estrema destra infiltrate nelle manifestazioni per creare disordini e scontri. «Non so se questo gruppo extraparlamentare – ha detto ancora la Papariga - ha legami di sangue, permanenti o occasionali con il signor Karatzaferis (il leader del LAOS –ndt-) ma è del tutto evidente che il signor Karatzaferis sta svolgendo un ruolo di attivo provocatore con l’obiettivo di scatenare una repressione nei confronti del popolo».
Colpisce quindi il fatto che una parte della sinistra italiana (che magari propugna la non-violenza a popoli che vivono sotto occupazione militare straniera) giustifichi atti di guerriglia urbana e disordini, questa è almeno la sensazione che registriamo.
Lo sciopero del 5 maggio ha letteralmente bloccato il paese. “Fabbriche, cantieri e magazzini, porti ed aeroporti, università e scuole sono state paralizzate. Già dalle prime ore del mattino migliaia di lavoratori e di giovani hanno piantonato l’ingresso del proprio posto di lavoro per difendere il diritto allo sciopero, contro le intimidazioni dei datori di lavoro.
Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata dal Pame (il grande sindacato greco egemonizzato dai comunisti) in 68 città in tutta la Grecia. (…) Ad Atene, la manifestazione organizzata dal Pame si è conclusa in piazza Omonia, nel centro; lì Giorgos Perros, membro del segretariato esecutivo del Pame, ha tenuto il comizio finale.
«Anche se dovessero passare queste misure – ha dichiarato Perros - noi non le legittimeremo mai, non potremmo mai obbedire a queste restrizioni. Giorno dopo giorno, mese dopo mese raccoglieremo tutte le nostre forze per bloccare l’attuazione di queste misure ed andremo avanti fino al loro totale rovesciamento».
Il rappresentante del Pame ha concluso il suo intervento sottolineando: «Noi, gli operai, i lavoratori autonomi, gli artigiani, i piccoli commercianti, gli agricoltori di piccole e medie imprese, i giovani, noi siamo la maggioranza del paese. Dobbiamo diventare più forti (…) e una volta che avremo costruito un fronte con tutta la nostra gente non saremo più soltanto forti, ma saremo invincibili, perché avremo dato corpo al nostro potere di stato; avremo creato lo strumento per progettare e produrre secondo le nostre esigenze, avremo creato il meccanismo per bloccare la minoranza di parassiti che saccheggiano le nostre ricchezze, e vivere così del nostro lavoro che ci basta per costruire la nostra vita, la vita dei nostri figli e quella delle future generazioni».
Questa frase del sindacalista greco è molto importante perché, seppur molto diversa dal linguaggio politico e sindacale italiano, mette però in evidenza l’approccio rivoluzionario del Pame lì dove insiste nel lavoro di accumulazione di forze per un cambiamento della società e dei rapporti di produzione e di proprietà.
Un esempio questo di come il KKE in questi anni abbia lavorato nella società, al fianco del popolo greco, con l’obiettivo della costruzione di un sindacato di classe, che non solo si oppone alla politica di rigore voluta dal governo o dall’Ue, ma che organizza migliaia di lavoratori dentro una prospettiva rivoluzionaria, di accumulazione di forze e di costruzione di una coscienza combattiva che lavora per cambiare i rapporti di forza del paese.
Un sindacato quindi che al lavoro rivendicativo e di difesa degli interessi della classe operaia, coniuga la costruzione di una coscienza “altra”, che lavora –direbbe Gramsci - per la costruzione di un blocco storico.Ma lo striscione dell’Acropoli parla a noi.
I comunisti del KKE lanciano un messaggio all’esterno della loro nazione, fanno appello a tutti i popoli europei a sollevarsi in piedi e ribellarsi. Questo è lo spirito del loro ultimo congresso che, celebrato un anno fa, si è svolto all’insegna dello slogan del “contrattacco”: di fronte alle ingiustizie del capitalismo, dicono, è arrivato il momento di reagire.
Non possiamo rimanere silenti. La crisi greca è l’epifenomeno della crisi più profonda di questo sistema, che si adopera per far pagar il prezzo al mondo del lavoro e tutelare il capitale. O la risposta e la lotta è complessiva, o la crisi travolgerà tutti.
Per queste ragioni la redazione de l’Ernesto on-line ha deciso di preparare il video in omaggio al popolo greco ed alla lotta del KKE, che trovate in home page. Perché quello striscione all’Acropoli scuote le coscienze di quanti non si arrendono e ci invita a sollevarci e lottare. Un suggerimento quanto mai opportuno per quanti, come i comunisti e la sinistra in Italia, vivono invece una fase di difficoltà, arretramento, sconfitta.
Ma quello striscione sulla cima dell’Acropoli permette anche di mantenere alta la battaglia per la difesa dell’esistenza di un partito comunista e rivoluzionario in questa parte del mondo ed in questa fase storica. Un partito che non sia solo l’erede di un grande partito operaio del passato, di cui ne conserva il nome ed il simbolo, ma che nella nuova fase storica (così difficile per le forze rivoluzionarie ed antisistemiche in questa parte del mondo) continui ad accumulare forze e a lottare per il cambiamento dei rapporti di forza nella società.
Ecco perché riteniamo che la questione comunista, in Italia, non sia chiusa, che le sconfitte elettorali non significhino la fine di tutto e che non ci sia una inevitabilità nell’esaurimento di una forza comunista nel nostro paese. L’esempio dei compagni greci ci parla anche di questo e ci dice di come il tema del socialismo e della lotta per il cambiamento sia più che mai attuale e necessaria l’organizzazione della classe operaia.
Sta ora a noi lavorare conseguentemente ed accumulare forze, energie e capacità. Con la consapevolezza che non sarà semplice e che la strada è tutta in salita, ma anche con l’ambizione di uscire dal pantano nel quale ci troviamo e prendere in mano le redini del nostro destino. L’esempio greco, in questo, ci dice che non è tutto finito e che si può ripartire e tornare a vincere.
Fuente: L*Ernesto/PrensaPopularSolidaria http://prensapopular-comuniustasmiranda.blogspot.com/ Correo: pcvmirandasrp@gmail.com
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