miércoles, 16 de julio de 2008

BERTINOTTI E IL PARTITO

Di Ramon Mantovani
Nel forum del 23 marzo su Liberazione
Bertinotti ha anche affrontato la questione del Partito.



Dopo aver detto che negli ultimi venti anni la sinistra si è fatta prevalentemente centro e che la stessa nozione di sinistra "si è frantumata in mille schegge", e dopo aver citato Pintor per sostenere che la priorità è rimeritarsi la fiducia della propria gente, Bertinotti parla di "un nuovo inizio".

Ecco la citazione: "Adesso è un nuovo inizio per la sinistra e, se non riusciamo a darne conto, non ce la possiamo fare, perché veniamo, oltre che dalla sconfitta del '900, anche da una sconfitta del nostro tempo. L'esperienza di Rifondazione è meritevole, ma è parte di questa sconfitta anche se è senza colpe. Per questo, io credo che nel processo unitario a sinistra ognuno deve dire per sé cosa tiene e cosa lascia. Cioè: Rifondazione per Rifondazione, Pdci per il Pdci, i Verdi per i Verdi, stessa cosa per Sd e la sinistra diffusa. Bisogna che proviamo a fare questo esercizio per il nuovo inizio e il collegamento con la propria gente".


Sconfitta? Nuovo inizio? Sinistra diffusa?


Lo dico davvero senza intenti polemici, ma questi concetti sono stati alla base della svolta della bolognina.


Hanno la forza suggestiva di dar conto di uno stato d'animo ben presente in molti, se non in tutti.
Che, con il trionfo del capitalismo, siamo stati sconfitti è sotto gli occhi di tutti. Che fare? Una cosa nuova capace, magicamente, di renderci migliori e più forti. Con chi? Ma Con la sinistra diffusa, naturalmente!


Queste cose, però, hanno il grave difetto, a mio parere, di essere tanto generiche quanto incapaci di affrontare i veri problemi che abbiamo di fronte, Anzi, di più, essendo una fuga dai problemi, al di là delle suggestioni fugaci, finiscono con l'aggravarli.


Di che sconfitta parliamo? Anche partendo dal punto di vista di Bertinotti (e della parziale citazione di Pintor), cioè dalla constatazione che si è persa la fiducia della propria gente, bisognerebbe interrogarsi maggiormente sul perché, piuttosto che indicare, in modo assolutamente tautologico, che bisogna riguadagnare la fiducia persa.



Per anni, Bertinotti in testa, abbiamo analizzato le nuove contraddizioni, e le nuove forme delle vecchie contraddizioni, prodotte dalla globalizzazione capitalistica. Partendo dalla constatazione della sconfitta storica del movimento operaio del 900, tanto nella sua versione comunista come in quella socialista e socialdemocratica, abbiamo individuato nel nascente movimento contro la globalizzazione il luogo e la stessa possibilità che l'anticapitalismo tornasse ad essere un'opzione politica e non solo un campo di ricerca culturale o un terreno di pura testimonianza. E' per questo, e non per una moda, che abbiamo parlato dei limiti del partito politico novecentesco.



Limiti di dimensione nazionale e limiti nel rapporto gerarchico con i movimenti sociali, locali o globali, intrinseco all'idea della conquista del potere (o, peggio ancora, del governo). E' così che abbiamo innovato, e rotto con precisi punti della tradizione comunista e della sinistra. Basti pensare alla caduta del governo Prodi nel 98, alla nostra internità nel movimento mondiale e italiano, a Genova, alla pratica della disobbedienza civile e sociale, all'idea del baricentro sociale della nostra attività, alla critica del potere di ispirazione zapatista e così via.


Io credo che avevamo incominciato a ricostruire un rapporto di fiducia con la nostra gente. Che misuravamo nelle dinamiche di movimento, nella vittoria di tante lotte all'inizio degli anni 2000, nei segni di crisi delle politiche neoliberiste e nella coscienza, sempre più diffusa, fra le popolazioni del carattere mistificatorio delle magnifiche sorti della globalizzazione. Parlo della sovranità alimentare, della questione ambientale globale, della precarietà e dell'emarginazione come elementi costitutivi del nuovo capitalismo, dell'offensiva conservatrice ideologica di un nuovo oscurantismo autoritario e di altro ancora.


Avevamo, tutti, evitato accuratamente di essere fuorviati dalla misurazione elettorale di questo processo. Altrimenti, essendo passati dal 8,3% al 4,3%, avremmo dovuto dar ragione a Cossutta, e non avendo avuto impennate negli anni successivi che pure sono stati densi di conflitti, bensì un recupero lento e faticoso, avremmo dovuto evitare come la peste di imbarcarci in un'esperienza di governo.


Avevamo, cioè, pensato che si era incominciato un cammino. Per molti versi assolutamente nuovo per un partito politico. Ma non era un nuovo inizio, era l'inveramento della rifondazione comunista. Un cammino i cui tempi non dovevano essere scanditi dalla contingenza politica, elettorale o meno, ma dalla ri/costruzione del movimento anticapitalista mondiale. Un cammino dalla grande vocazione strategica e contraddistinto dalla necessità di sperimentare in mare aperto, contaminandosi con altre culture ed esperienze in seno al movimento.


Con ciò non voglio sorvolare sui limiti della forma partito, tema sul quale Bertinotti si è esercitato e sul quale tornerò, ma rimettere le cose in piedi.


Considero, infatti, una svolta politicista, un vero capovolgimento di linea, il discorso di Bertinotti alla prima assemblea di Sinistra Europea.


Ma come? Eravamo così in buona salute, noi e i movimenti, da tentare la strada impervia del governo e dopo un anno, quando si comincia a constatare una crisi, invece di prendere il toro per le corna, visto che la crisi era chiaramente provocata dalla delusione per le politiche del governo, sulla base di un banale cattivo risultato alle amministrative, si parla di rischio vitale per la sinistra, si abbandona nei fatti il progetto strategico di cui sopra, si propone un nuovo inizio, di andare oltre rifondazione e di fare tutto in fretta e furia?


Per parte mia rivendico ciò che scrissi nel giugno 2007, pubblicato anche qui sul blog.
http://ramonmantovani.wordpress.com/2007/06/


Ma vorrei aggiungere oggi, che le cose sono molto più chiare, che non aver affrontato per tempo il tema della permanenza al governo, a causa della cultura governista degli altri della Sinistra Arcobaleno, ha finito con il ridurre anche il progetto unitario, che da moltiplicatore annunciato di consensi (il 15% come minimo si proclamava!) si è trasformato in riduttore di voti e di consensi sociali.


Siccome penso che un partito sia soprattutto un progetto strategico collettivo, e non una semplice forma di organizzazione autoreferenziale, conseguentemente ritengo che solo in ragione di un profondo cambio di strategia si possa ritenere necessario andare oltre il partito stesso. Ed infatti Bertinotti questo ha proposto e propone anche in campagna elettorale.


Si dirà, contro l'evidenza dei fatti, che si vuole perseguire la stessa strategia, che nell'esercizio del "dire per sé cosa si tiene e cosa si lascia" rifondazione investirà il meglio di se stessa nel nuovo partito e vincerà una battaglia egemonica.


Vediamo cosa vuole tenere e cosa lasciare Bertinotti e soprattutto perché:


Cosa va abbandonato? La cultura organizzativa in cui abbiamo lasciato imprigionare questa innovazione. Il nostro rinnovamento culturale si è prodotto sul terreno delle culture politiche e non sul terreno delle forme di organizzazione della politica. Dobbiamo sperimentare forme di organizzazione che consentano una riconnessione sentimentale con il tuo popolo, sennò non ce la facciamo e l'organizzazione funziona come intercapedine e si ferma lì. Faccio un'autocritica rispetto al periodo della mia direzione di Rifondazione: rivendico il coraggio innovativo del congresso di Venezia, ma, curiosamente, visto che noi veniamo dalle culture critiche ed eretiche del movimento operaio e abbiamo assorbito la lezione del femminismo e della cultura di genere, c'è stato anche un errore politico. Parlo per me: ho pensato che si potesse fare l'innovazione politico-culturale solo pagando il prezzo di non toccare il paradigma organizzativo."


Argomenti interessanti, che però non condivido per niente.


Io non credo che antistalinismo, nonviolenza e l'ambigua formula "immersione nei movimenti" siano il nocciolo fondamentale dell'esperienza di Rifondazione Comunista da investire in un processo unitario. Non perché non siano effettivamente elementi innovativi. Bensì perché non sono dirimenti e possono essere messi al servizio di progetti strategici ben diversi fra loro. Una cosa è, infatti, avere un'analisi della globalizzazione che parla della necessità di mettere in discussione il concetto di potere (figuriamoci di governo) e di conquista del potere, e con esso la violenza intrinseca ai rapporti sociali e politici, proponendo la nonviolenza come forma più efficace e più alta di antagonismo.



Un'altra è predicare la nonviolenza quasi come elemento etico e fondante l'identità politico-culturale, con il quale leggere il potere e il mondo contemporaneo. Dico che è un'altra cosa perché, sebbene non incompatibile con un radicale antagonismo, non lo garantisce affatto. Non è un caso, infatti, che Bertinotti abbia avuto tanti riconoscimenti maliziosi su questo punto da molti che hanno visto nella "svolta nonviolenta" un abbandono dell'estremismo e del massimalismo (leggi dell'antagonismo e della radicalità) di Rifondazione. Non penso che Bertinotti sia colpevole di questo, eppure dovrebbe porsi il problema della lettura prevalente che si fa di questa cosa anche nell'ambito della Sinistra Arcobaleno.


Il concetto di "immersione nei movimenti", parimenti, è compatibile con qualsiasi linea o progetto politico. Chi volete che dica che bisogna starne fuori? Che bisogna ignorarli? Il problema è se sono essi il centro della politica, se sono dotati di progettualità propria, o se sono il classico sommovimento nel quale stare per indirizzarlo, per dirigerlo e possibilmente per conquistarne il consenso. Ho già detto che Bertinotti, su questo, usa una formula ambigua, ma come non vedere che la maggioranza della Sinistra Arcobaleno, compresi oramai diversi di Rifondazione, ripropongono la formula più classicamente novecentesca del rapporto fra politica e sociale, fra politica e movimenti?


Infine, lo stalinismo e l'antistalinismo.


Atteso che sugli "errori ed orrori" siamo d'accordo tutti, almeno spero, voglio dire alcune cose in modo provocatorio.


Chiedere a una platea, congressuale per esempio, di votare su una proposta generica e volutamente ambigua, riservando ad una ristretta cerchia oligarchica impegnata a darsi coltellate dietro le quinte, sulle liste elettorali per esempio, le vere decisioni, ha a che vedere con lo stalinismo o no? O è un male inevitabile della forma partito?


Il leadersimo, anche se è un prodotto di questi tempi e del sistema massmediologico, quando non è sottoposto a critica e non si tenta nemmeno di superarlo nel tempo, ha a che vedere con lo stalinismo o no? O è anch'esso un male prodotto necessariamente dalla forma partito?


Bertinotti avrebbe ragione ad autocriticarsi, avendo pensato di poter fare "l'innovazione solo pagando il prezzo di non toccare il paradigma organizzativo". Ma non è vero che le cose sono andate così. E' vero che il paradigma organizzativo, formalmente, non è stato toccato. Il problema è che è stato svuotato senza che fosse sostituito con uno più democratico o, almeno, migliore e più coerente con il progetto strategico che via via è stato costruito.


A un certo punto Bertinotti ha teorizzato che bisognasse implementare l'informalità nella discussione e nei processi decisionali. Ricorderà che mi sono opposto, senza successo, a questa sua idea. Il risultato è stato un incremento del leaderismo, un clima di conformismo crescente, e la crisi di credibilità e soprattutto di autorevolezza degli organismi preposti, nel paradigma, a prendere decisioni e ad assumersi responsabilità.


Ora, cosa può spingere un segretario di un partito a pensare che si possa cambiare linea, strategia e cultura politica di un partito "solo" senza riformare l'organizzazione? Sarò esagerato, forse, ma l'unica risposta plausibile mi sembra: perché pensa che il partito è irriformabile!


Tutto l'assunto di Bertinotti sul rapporto innovazione politico-culturale e partito è da rovesciare.
La rilevanza dell'innovazione nel campo della libera ricerca è una cosa, ma in politica le analisi, le svolte, e le stesse idee che Bertinotti ha avuto l'indiscutibile merito, anche se non esclusivo, di produrre, fuori del partito organizzato sarebbero rimaste inerti e non avrebbero avuto alcuna rilevanza. Sarebbero rimaste articoli su qualche rivista o forse non sarebbero nemmeno nate.



Sarebbero, cioè, rimaste testimoniali. L'organizzazione non è una "intercapedine", è lo strumento per agire ed anche per decidere. La connessione fra una politica (perfino un leader) e il popolo non è mai impedita o intralciata dall'organizzazione di partito. Casomai è resa tendenzialmente stabile e non esposta ai rovesci che può subire o, peggio, agli errori personali del leader.


Per questo, invece della comoda informalità, sarebbe stato meglio dedicarsi ad un lavoro paziente per mettere mano alle degenerazioni dell'organizzazione, ai personalismi e ai carrierismi, alla sbagliata divisione del lavoro, al carattere monosessuato della stessa organizzazione e così via.
E' profondamente ingeneroso verso decine di migliaia di militanti pensare che non siano stati capaci di riformare la propria casa a causa dell'errore del capo, che non si era posto il problema e che oggi si autocritica.


Io penso che i problemi evidenti, connessi alla crisi ed alla irripetibilità dei modelli dei partiti di massa o di avanguardia del novecento, stiano tutti di fronte a noi. Rimarranno e si aggraveranno se si darà vita ad una forza politica leaderista ed incerta su questioni come il governo, sia che abbia una forma federata o unificata.


Credo che Rifondazione Comunista, con tutti i suoi limiti e difetti, non debba perdere se stessa perché è il luogo, lo spazio politico, migliore per procedere anche ad una profonda riforma dell'organizzazione politica, da mettere a disposizione in qualsiasi processo unitario che ne rispetti l'identità e l'autonomia.


Fuente: Bellaciao.Org/ Prensa Popular Comunistas Miranda



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BERTINOTTI NON SARÁ IL SEPOLTORERO

Bertinotti, dalla Rifondazione Comunista a quella socialista!

di Leonardo Masella


Fausto Bertinotti e Gennaro Migliore rompono la moratoria del dibattito interno al Prc decisa per non danneggiare la campagna elettorale e affermano pubblicamente le loro posizioni, con dichiarazioni molto pesanti e gravi sia per il danno alla campagna elettorale che per il destino del Prc e del comunismo italiano.


Bertinotti due giorni fa dichiara che "la questione di una forza socialista in Italia è un problema aperto, in questa campagna elettorale non ha una risposta soddisfacente… se la Sinistra Arcobaleno avrà successo dovrà aprire un discorso con i socialisti e la storia socialista".


Poiché la dichiarazione è ancora un po' ambigua, ci pensa Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera del Prc e yes-man dell'ex-presidente della Camera, a chiarire. Ieri candidamente e schiettamente annuncia che "La Sinistra – L'Arcobaleno" deve diventare un partito unico e che questo partito si potrebbe fare anche con lo Sdi di Boselli (e Craxi e De Michelis).


C'è da ringraziare Bertinotti e Migliore, perché chiariscono finalmente (sia pure in campagna elettorale e quindi danneggiando l'esito del voto) qual è il loro progetto strategico che avevano finora tenuto più o meno nascosto: quello di costruire una forza socialista e riformista, compatibile con il sistema. Per questo hanno distrutto il Prc, con un processo di demolizione sistematica e scientifica di tutta la cultura politica comunista e antagonista, che si conclude con l'omologazione governista degli ultimi due anni, che ha dato il colpo finale.


Dalla Rifondazione Comunista alla Rifondazione Socialista, appunto, come da tempo andiamo dicendo.


A questo punto chiediamo a tutti gli iscritti del Prc e alle altre aree critiche: perché se Bertinotti può affermare tranquillamente che "la questione di una forza socialista in Italia è un problema aperto, in questa campagna elettorale non ha una risposta soddisfacente" e Migliore invita addirittura Boselli in un nuovo futuro partito socialista, noi non possiamo dire, contemporaneamente alla difesa e al rilancio del Prc e della rifondazione comunista, che se c'è una questione aperta in Italia questa è la questione di una forza comunista, come si vede proprio da questa campagna elettorale ?


Non si può più andare avanti così.



Dopo le elezioni, bisogna fare immediatamente il congresso interrotto e rinviato, dando finalmente la parola agli iscritti. Non si può più rinviare il chiarimento definitivo su queste due opzioni fondamentali:



1.-Se si vuole fare un partito socialista e riformista o,



2.-Se si vuole fare un partito comunista e antagonista al capitalismo.



Fuente:Bellaciao.Org/ Prensa Popular Comunistas Miranda

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BERTINOTTI LIQUIDA RIFONDAZIONE COMUNISTA

Por: Gianluigi Pegolo

Le dichiarazioni di Bertinotti circa il futuro dell'Arcobaleno sono chiare e non lasciamo dubbi circa l'intenzione che ha una parte rilevante dell'attuale maggioranza di Rifondazione.

L'idea è quella di costruire un partito superando definitivamente ogni resistenza tesa a conservare l'autonomia politica ed organizzativa del PRC. Ogni ipotesi di strutture federate o confederate viene esclusa e le singole identità politiche si riducono a tendenze culturali interne al partito unico.

Questa impostazione liquidatoria segna la pietra tombale per la storia dei comunisti, oltre ad essere fallimentare nell'ipotesi di un più generale rilancio della sinistra italiana, ed è per questo che va respinta nel modo più fermo.

Fuente/L"Stampa/Prensa Popular Comunistas Miranda
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domingo, 13 de julio de 2008

LOS CRÍMENES ISRAELÍES SON ABOMINABLES

Por: Grupo Información Palestina Libre



El Dr. Attala Hanna, arzobispo de Sebastia y conocido patriota palestino, afirmó que lo que está ocurriendo en Gaza es un crimen abominable cometido a plena luz ante los ojos y los oídos del mundo entero, señalando que la trágica escena de niños asesinados y madres desesperadas es un grito al mundo para que rompa su silencio hacia estas atroces masacres israelíes.



"No es suficiente con denunciar lo que está sucediendo; es necesario un movimiento árabe serio que pare esta brutal agresión que no lleva sino a mayores tragedias y desastres en Gaza", dijo Hanna en una declaración recibida en el PIC. El arzobispo describió las atrocidades israelíes en Gaza como "una grave violación de todos los valores y la moral humana, añadiendo que Israel, desde el primer momento en que ocupó la tierra palestina, no ha parado de cometer crímenes".



El arzobispo pidió al pueblo palestino de la Jerusalén ocupada que se dirigieran a los hospitales palestinos más cercanos para donar su sangre y confirmar así que el cuerpo del pueblo palestino es sólo uno. Por su parte, el diputado Dr. Mustafa Al Barghouti, secretario general de Iniciativa Nacional Palestina, afirmó que la agresión israelí contra Gaza no ha sido en respuesta a los ataques con cohetes que Israel alegó, sino que es uno de los frutos de la Conferencia de Annapolis que no hizo sino proporcionar cobertura a los crímenes israelíes contra el pueblo palestino.



En una conferencia de prensa en Ramala, el Dr. Barghouti acusó a la ocupación israelí de estar buscando imponer un plan que no tiene otro objetivo que separar Cisjordania de Gaza y convertir a la Franja en una zona de desastre, haciendo de ello responsable a Egipto y, además, unir Cisjordania a Jordania para abortar la idea de un estado palestino independiente.



El parlamentario subrayó que el arsenal del ejército israelí no sólo se había utilizado contra civiles desarmados, sino que destruyó también el centro de asistencia médica en Gaza y un buen número de centros médicos especializados que se han venido ocupando de atender a más de 120.000 heridos palestinos, añadiendo que muchas de las secciones de los hospitales de Gaza tuvieron que interrumpir sus servicios como consecuencia de la falta de medicinas fundamentales y suministros médicos.



Destacó que lo que está sucediendo es una agresión contra los Estados árabes y su seguridad nacional, exigiéndoles que despierten ya de su letargo y defiendan esa seguridad amenazada por Israel. En un contexto relacionado, los miembros del Alto Comité para las Masas Palestinas de las Tierras Palestinas ocupadas en 1948 pidieron, en una reunión de emergencia del domingo pasado, que se callaran todas las voces que hacen a Hamas responsable de las masacres israelíes en Gaza, denunciando firmemente las declaraciones de Riyadh Al-Maliki en las que justificaba los crímenes de Israel contra el pueblo de Gaza.



En el encuentro, el parlamentario Yamal Zahalka, presidente de la Alianza Democrática Nacional del bloque parlamentario, subrayó que todo el mundo sabe que Hamas está siempre dispuesto a declarar el alto el fuego, mientras que es Israel quien rechaza continuamente hacerlo, añadiendo que Israel es responsable de los ataques de cohetes contra sus asentamientos porque rechaza el alto el fuego con Hamas y continúa sin descanso sus crímenes contra Gaza.



Por su parte, el parlamentario de la Knesset, Mohamed Barakeh, presidente del Frente Democrático para la Paz y la Igualdad, opinó que la única voz que debe escucharse en estos momentos es la voz de la unidad y la lucha contra la guerra criminal emprendida contra el pueblo palestino en Gaza, añadiendo que cualquier voz que vaya en contra de ese objetivo debe silenciarse.



El parlamentario Sr. Barakeh resaltó que todos los indicadores muestran que los próximos días van a ser testigos de una escalada israelí en sus crímenes contra Gaza y Cisjordania porque Israel describe su guerra como una campaña que es preludio de una agresión mayor. Al finalizar el encuentro, el comité hizo un llamamiento para que se continúen organizando protestas locales contra las continuas masacres israelíes, anunciando su intención de preparar para el martes, a las siete de la tarde, una marcha masiva en la ciudad de Umm Al-Fahem.



Fuente: Palestina Info/ Prensa Popular Comunistas Miranda

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LATIN AMERICAN CRISIS TRIGGERED BY AN ASSASINATION MADE IN USA

By Bill Van Auken



Nearly a week after Colombia's cross-border raid against an encampment of the FARC (Revolutionary Armed Forces of Colombia) guerrilla movement in neighboring Ecuador, Latin America continues to confront its worst regional diplomatic and military crisis in decades.



The US government and mass media have weighed in with unsolicited judgments and advice, attributing the tense standoff between Colombia, Ecuador and Venezuela to the threat of terrorism to Colombia, the complicity in terrorism on the part of Venezuela and overheated animosities between the respective heads of state of these three countries.



State Department spokesman Tom Casey declared that "it's important to recognize that the events that took place were, in fact, a response to the presence of terrorists." Similarly, White House spokeswoman Dana Perino affirmed that Colombia "was defending itself against terrorism." This official reaction extends to Colombia—Washington's principal client state in South America and the recipient of some $600 million annually in American military aid—the mantle of the Bush Doctrine, which holds that in the "global war on terrorism" such niceties as respect for sovereign borders and international law no longer apply.



The Washington Post went a step further, calling the March 1 raid a "remarkable success" and accusing Venezuelan President Hugo Chavez and Ecuadoran President Rafael Correa of "backing an armed movement with an established record of terrorism." It compared the strike on the FARC camp to US air strikes against Al Qaeda in Pakistan. And the New York Times, the voice of America's erstwhile liberal establishment, found it "hard to believe that in the 21st century the democratically elected governments of Colombia, Ecuador and Venezuela would be talking about war."



While acknowledging that Colombia's raid constituted "an infringement of Ecuador's territory—a sensitive issue anywhere," it urged the presumably hot-headed Latin leaders of Ecuador and Colombia to "cool their rhetoric and begin a serious discussion of how they can jointly secure their borders against the FARC." One would never guess that Washington had any role in the bloody events on the Colombian-Ecuadoran border.



The Bush administration portrays itself—and is largely portrayed by a compliant media—as a selfless champion of democratic values and faithful ally of the people's of the southern hemisphere. The facts, however, tell another, far uglier story. The three Andean nations have been brought to the brink of war by a brutal and cold-blooded political assassination carried out to further the interests of US imperialism at the expense of the Colombian people and the population of the entire region.



The March 1 raid was carried out not to defend Colombia from terrorism, but to murder one man, Raul Reyes, considered the second-in-command of the FARC and the guerrilla movement's principal international spokesman and diplomatic representative. He was well known in both Latin America and Europe, having served as the principal FARC negotiator in the abortive attempt under the government of President Andres Pastrana (1998-2002) to broker a peaceful settlement of the civil conflict that has wracked Colombia for more than four decades. During that same period, he met with officials of the Clinton State Department.



To carry out this political murder, air strikes were called in against the camp inside Ecuador as Reyes and some 20 of his comrades slept. Commandos were then sent into the camp to finish off most of the survivors and haul Reyes's bloody corpse back to Colombia as a political trophy for the right-wing US-backed government of President Alvaro Uribe. This ruthless attack was staged not to ward off some pending terrorist attack.



On the contrary, it was designed as a "preemptive strike" against a negotiated release of hostages held by the FARC, among them a former presidential candidate, Ingrid Betancourt, who holds joint Colombian-French citizenship and has been held prisoner by the FARC for six years. Just two days before the border massacre, French President Nicolas Sarkozy publicly called for the release of the ailing Betancourt and announced that he was prepared to fly to the Colombian border to personally receiver her.



The FARC itself issued a statement that Reyes had been working through Venezuelan President Chavez to concretize plans for a meeting with Sarkozy to arrange for the hand-over of Betancourt. The French government has not denied this account. Indeed, on Monday, French Foreign Minister Bernard Kouchner told the media, "It's bad news that the man we were talking to, with whom we had contacts has been killed.



Do you see how ugly the world is?" Meanwhile, a French deputy foreign minister confirmed the role played by Chavez in mediating the Sarkozy-FARC hostage negotiations. "President Chavez has taken the initiative, he had taken the initiative earlier on that had allowed for the release of several hostages even though the situation had been blocked for some time, so we are aware of his involvement and the important role he has played," the minister, Rama Yade, told a news conference in Geneva.



After the news of Reyes's assassination, the French foreign ministry issued a pointed statement to the effect that the Colombian government was well informed that France was conducting negotiations with him. This statement was fleshed out this week by the Argentine press. Citing sources in the Argentine foreign ministry, it reported that Sarkozy had sent a delegation of three personal envoys to Colombia and that they were in the border region to meet with Reyes.



"On Saturday the day of the cross-border raid, the three negotiators were 200 kilometers from the attack zone and were headed for a meeting with Reyes when they received a call," the daily Pagina 12 reported. It was Luis Carlos Restrepo, head of the Colombian government's Peace Commission, who warned them not to go to the meeting place. US role in Reyes's assassination Colombian officials have openly acknowledged the role of US intelligence agencies in instigating and coordinating the March 1 targeted assassination.



General Oscar Naranjo, commander of the national police told reporters it was no secret that the Colombian military-police apparatus maintained "a very strong alliance with federal agencies of the US." The Colombian radio network, Radio Cadena Nacional (RCN), reported Wednesday that Reyes's location was pinpointed by US intelligence as a result of monitoring a satellite phone call between the FARC leader and Venezuelan President Chavez.



The February 27 call—three days before the raid—came after the FARC released to Venezuelan authorities four former Colombian legislators—Gloria Polanco, Luis Eladio Perez, Orlando Beltran and Jorge Eduardo Gechem—who had been held hostage for nearly seven years. "Chavez was thrilled by the release of the hostages, and called Reyes to tell him that everything went well," RCN reported. Presumably, the CIA or other US intelligence agencies were also tapping phone calls between Reyes and French officials over the proposed release of Betancourt.



Another Colombian station, Noticias Uno, cited intelligence sources as saying that they had received photographs from "foreign spy planes" pinpointing the location of Reyes's camp in Ecuador. The Colombian police commander insisted that, while relying on US intelligence, the March 1 attack was an "autonomous operation." This claim is improbable to say the least.



US military "trainers" are attached to the elite counterinsurgency units that would have been employed in the ground attack that finished off the survivors of the aerial bombardment. As for the air raid itself, Ecuador's Defense Minister Wellington Sandoval reported the attack included the use of five "smart bombs" of the type utilized by the US military. "It is a bomb that hits within a meter of where it is programmed, from high velocity airplanes," he said. He added that to target Reyes with such weapons, "they needed equipment that Latin American armed forces do not have."



Both Washington and the right-wing regime in Colombia were determined to stop any further hostage releases in order to further efforts to politically isolate the Chavez regime and to enforce the Bush administration's proscription against negotiations with "terrorists." At the same time, the bombs dropped on the FARC encampment were undoubtedly also meant as a message to Sarkozy not to meddle in Yankee imperialism's "backyard."



It should be recalled that the French president, shortly after his election, sent his then-wife to Libya to consummate the release of six medical workers who had been held for eight years on false charges. This political coup managed to bypass the European Union, which had been negotiating the release, and paved the way for lucrative Libyan contracts for French corporations. Washington had no intention of seeing Paris pursue a similar path in relation to Venezuela, which constitutes the fourth largest source of US oil imports.



In the final analysis, this episode in the "global war on terrorism," which has brought three South American nations to the brink of armed conflict, is the product of a filthy political murder carried out to defend the strategic and profit interests of US capitalism. It is a reminder that "Murder, Inc."—as the CIA became known during the 1960s and 1970s, when it organized numerous assassinations and assassination attempts, along with right-wing coups and dirty wars—is still very much in business in Latin America. See Also: US-backed border massacre brings South America to brink of war.



Fuente: wsws.org/Prensa Popular Comunistas Miranda
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COSTS OF THE IRAK WAR

Since 2004, IPS has been tracking the costs of the Iraq War in human and financial costs to the United States, Iraq, and the rest of the world.

This latest fact sheet is designed to help bring a full understanding of the devastation of the war. The PDF link for this article provides the following information in an easy to read format designed for duplication and popular education.

U.S. military killed in Iraq: 3,973. Number of U.S. troops wounded in combat since the war began: 29,203. Iraqi Security Force deaths: 7,924. Iraqi civilians killed: Estimates range from 81,632-1,120,000. Internally displaced refugees in Iraq: 3.4 million . Iraqi refugees living abroad: 2.2-2.4 million . Iraqi refugees admitted to the U.S.: 3,222. Number of U.S. soldiers in Iraq: 155,000 . Number of "Coalition of the Willing" soldiers in Iraq: February 2008: 9,895 September 2006: 18,000 November 2004: 25,595.

Army soldiers in Iraq who have served two or more tours: 74% . Number of Private Military Contractors in Iraq: 180,000 . Number of Private Military Contractors criminally prosecuted by the U.S. government for violence or abuse in Iraq: 1 Number of contract workers killed: 917. What the Iraq war has created, according to the U.S. National Intelligence Council: "A training and recruitment ground (for terrorists), and an opportunity for terrorists to enhance their technical skills."

Effect on al Qaeda of the Iraq War, according to International Institute for Strategic Studies:
"Accelerated recruitment" .

The bill so far: $526 billion . Cost per day: $275 million . Cost per household: $4,100 . The estimated long-term bill: $3 trillion .

What $526 billion could have paid for in the U.S. in one year:

Children with health care: 223 million, or Scholarships for university students: 86 million , or Head Start places for children: 72 million. Cost of 22 days in Iraq could safeguard our nation's ports from attack for ten years. Cost of 18 hours in Iraq could secure U.S. chemical plants for five years. Iraqi Unemployment level: 25-40% . *U.S. unemployment during the Great Depression: 25.-

NaV of the Iraqi population is without access to clean water. 80% is without sanitation. 90% of Iraq's 180 hospitals lack basic medical and surgical supplies. 79% of Iraqis oppose the presence of Coalition Forces. 78% of Iraqis believe things are going badly in Iraq overall. 64% of Americans oppose the war in Iraq.

What the "Declaration of Principles" has set according to Defense Secretary Robert Gates: "A mutually agreed arrangement whereby we have a long and enduring presence."

Erik Leaver is the policy outreach director for Foreign Policy In Focus and a research fellow at the Institute for Policy Studies. Jenny Shin is an intern at the Institute for Policy Studies.

Fuente:.fpif.org/ Prensa Popular Comunistas Miranda
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TRANSGÉNICOS: VERDADES Y SUPOSICIONES

Por Silvia Ribeiro


Los transgénicos son el ejemplo de concentración corporativa más brutal de la historia de la agricultura industrial y, en general, de la de todas las industrias. Sólo cinco empresas controlan los cultivos transgénicos en campo en todo el mundo, y una sola, Monsanto, más de 90 por ciento. Las otras cuatro son Syngenta, Bayer, Dupont y Dow.



Estas, miembros fundadores de la "asociación civil sin fines de lucro" Agrobio México, lanzaron desde su sitio de Internet una campaña de cartas para enviar a los diputados del Congreso en México, pidiendo la "aprobación tal como el Senado la ha aprobado" del proyecto de Ley de Bioseguridad, porque "la biotecnología supone aumentar las cosechas, mejorar los alimentos y dejar de utilizar fertilizantes y otros químicos nocivos, lo cual mejorará la vida de millones de campesinos y consumidores".


Ninguna de estas afirmaciones se cumple en los países en los que está la mayoría de los transgénicos; no obstante, esto no es un dato relevante para Agrobio México. Por cierto, ¿qué querrá decir "responsablemente" en boca de los mayores productores de armas biológicas como el agente naranja y el napalm?


Claro que las multinacionales que producen transgénicos no iban a colocar un texto que dijera: "todos los transgénicos son de las empresas que promovemos esta campaña y con ellos pretendemos establecer una dependencia y un control nunca visto sobre productores y consumidores; entonces, señores diputados, a ver si nos aprueban ya, ya, ya, esta ley, porque, pese al daño que hemos logrado hacer hasta ahora en México, todo está en el filo de la ley o es ilegal: los cultivos de soya y algodón transgénico son ’experiencias pilotos semicomerciales’ -aunque, gracias a las políticas agrícolas que favorecen a la gran industria agrícola, están subsidiados con fondos públicos ’para el campo’-, pero la contaminación del maíz nativo, de la que somos responsables, es absolutamente ilegal y se nos hace un tanto incómoda. Con esta ley podremos legalizar todo esto y continuar contaminando con mayor impunidad".


Como no dirán esto, que es la verdad, analicemos el mensaje de la web que sostienen estas multinacionales.
Supuesto uno: aumentarán las cosechas. Realidad: los transgénicos producen menos.
El principal cultivo transgénico -la soya con resistencia a herbicida (61 por ciento de los cultivos a escala global)- produce menos que la soya convencional con químicos. Según estudios compilados por Charles Benbrook sobre los primeros ocho años de transgénicos en Estados Unidos, el promedio de reducción es de 5 a 10 por ciento, aunque en algunas zonas el promedio llega a 19 por ciento menos. El promedio total, tomados todos los cultivos, indica menor producción.


Supuesto dos: mejorarán los alimentos. Realidad: no, salvo que para estas empresas la mejoría de alimentos sea aumentar los residuos de agrotóxicos en el consumo. Más de 80 por ciento de los cultivos en campo son tolerante a herbicidas, y por tanto aplican cantidades mucho mayores de agrotóxicos de una sola vez, lo cual deja un porcentaje mucho mayor de residuos en lo que se consume (se encontró en comida para bebés que contiene soya transgénica, un porcentaje hasta 200 veces mayor de residuos del herbicida).


Supuesto tres: dejarán de utilizar fertilizantes y químicos nocivos. Realidad: los transgénicos no han sido manipulados para bajar el uso de fertilizantes; por el contrario, aumentan la demanda de químicos porque la fertilidad del suelo baja con las aplicaciones masivas de herbicidas y otros agrotóxicos. Basado en estadísticas oficiales, otro estudio de Benbrook compila el uso de agrotóxicos en Estados Unidos de 1996 a 2003, comprobando que con los transgénicos se ha aumentado el uso de agroquímicos en 23 millones de kilogramos.


Supuesto cuatro: mejorarán la vida de millones de campesinos y consumidores. Realidad: los transgénicos han producido un aumento de la expulsión de campesinos y agricultores en Argentina y Estados Unidos -países que juntos responden por casi 90 por ciento de la producción mundial-, logrando una verdadera reforma agraria inversa, debido a las exigencias de capital y áreas cada vez mayores que implica el cultivo de estas semillas patentadas. Los transgénicos están llevando a los agricultores a nuevas formas de esclavitud: si los transgénicos se siguen extendiendo, no les quedará otra opción que semillas patentadas que es ilegal plantar para la siguiente estación, y que además son más caras que las híbridas. En el futuro, tampoco se podrán reproducir porque serán directamente "suicidas", con la uitlización de la tecnología Terminator, que obligará a los agricultores a comprar semillas de la empresa para cada siembra.


En Paraná, Brasil, estado que se declaró libre de transgénicos, la soya convencional produjo casi el doble que la transgénica contrabandeada a otros estados por latifundistas y empresas, posteriormente legalizada por Lula.


La ley de bioseguridad de Brasil, que partió como una iniciativa promisoria para los intereses de la sociedad y los campesinos, ha sido deformada al punto de que es irreconocible, acercándose a la aberración que se discute en México y que las trasnacionales adoran y quieren que se apruebe inmediatamente.


Pero, como bien dicen en Paraná: las que necesitan leyes de bioseguridad son las transnacionales. A todos los demás nos alcanza con algo mucho más simple: prohibir los transgénicos.



Fuente: Envíos a Nuestro Correo/ Prensa Popular Comunistas Miranda

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DENUNCIAN PRESENCIA NO AUTORIZADA DE TRANSGENICOS EN ENVÍOS DE AYUDA HUMANITARIA

Nota de prensa Transgénicos

Consejo de procuradores centroamericanos reconocen los esfuerzos del monitoreo regional de ogms y exhorta a los congresos de la región a ratificar el protocolo de Cartagena.

Las Procuradurías de El Salvador, Nicaragua y la defensoría de los Habitantes de Costa Rica, emiten resolución conjunta para proteger los derechos humanos contra los impactos negativos de los Transgénicos.

Managua, San Salvador, San Jose, Guatemala, Tegucigalpa. El 16 de Febrero más de 70 Grupos ambientalistas, consumidores, agricultores, sindicatos y de derechos humanos de seis países de Centroamerica y el Caribe denunciaron la presencia no autorizada de transgénicos en envios de ayuda alimentaria por el Programa Mundial de Alimentos (PMA), e importaciones comerciales de alimentos originarias mayoritariamente de EEUU.

La ayuda alimentaria ha sido identificada como la via principal de introducción de transgénicos en la mayoría de países de la región. En cuatro de los países de la región Centroamericana: Nicaragua, Honduras, El Salvador y Guatemala, todas las muestras enviadas de ayuda alimentaria dieron positivo, llegando a ser la presencia de transgénicos en una de ellas superior al 70%. De igual forma por primera vez StarLink ha sido confirmado en ayuda alimentaria en la región centroamericana. StarLink nunca fue autorizado para consumo humano debido al potencial alergénico de la proteina que contiene.

Ocho días después de la denuncia, en el marco de la XXXIX Reunión del Consejo de Procuradores y defensores Centroamericanos, el Centro Nicaragüense de Derechos Humanos y el Centro Humboldt, como representes de la Alianza Centroamérica de Protección a la Biodiversidad y por medio de la Procuraduría de Derechos Humanos de Nicaragua, presentaron la Denuncia sobre presencia de OGM al plenario del Consejo.

Los Procuradores dieron a conocer en su declaración oficial , que reconocen los esfuerzos de la Sociedad y asumieron el compromiso de realizar mas monitoreos; de igual forma exhortaron a los poderes legislativos que no hallan firmado o ratificado el Protocolo de Cartagena a que agilizaran estos procesos.

“ La Declaración de los Procuradores constituye un valioso paso , que garantizar la protección de los derechos humanos de la región, frente a los impactos de los OGM” señalo, Julio Sánchez coordinador Regional de la Alianza Centroamericana.

De igual manera El Salvador, Costa Rica y Nicaragua, emitieron una resolución en donde solicita a los Gobiernos a emitir una moratoria y a su vez tomar medidas legislativas y de control que garantice la protección de la población de estos países.

Véase las Resoluciones de los procuradores en : http://www.humboldt.org.ni/

Notas:

(1) El maíz, denominado StarLink, ha sido modificado para contener un gen de la bacteria “bacterium Bacillus thuringiensis”, el cual expresa la proteína -Cry9C-, toxica para algunos insectos plagas del maíz. La Agencia de los Estados Unidos para la Administración de Alimentos y Medicinas (FDA, por su sigla en ingles) no ha aprobado el maíz Stralink para consumo humano debido al potencial alergenico de la Cry9C. (ver pagina Web de la FDA: http://www.fda.gov/fdac/features/2001/201_food.html )

Este maíz fue inicialmente autorizado para alimentación animal por las autoridades competentes en EEUU, pero desde que fue encontrado en el año 2000 en alimentos a base de maíz para consumo humano en Estados Unidos y posteriormente en Corea y Japón, este fue retirado del mercado y prohibido completamente su uso en ese mismo año en EEUU.

Fuente: Centro Humboldt y Humboldt.Org/ Prensa Popular Comunistas Miranda


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LA MAQUINA DE COSER

Por.Francisco J. Sancho Más


Es una máquina de coser de esas antiguas de pedal y rueda, con una cuerda en tensión remendada mil veces y una aguja que cae siempre cerca de los dedos. Los dedos pasan por el borde del pinchazo a una velocidad tan imposible para los ojos que da vértigo. Los dedos ya curvados perfilan la inmensa tela que se cose pulgada a pulgada por el trazo de un patrón de memoria. Los dedos son de la mujer que está de espaldas a la puerta por la que hoy me asomo, para observarla mejor de cerca. Es de noche, la luz muy pobre y habrá que adentrarse en la casa con cuidado para oír y ver. Ojalá vengan conmigo, acérquense sin hacer ruido.


Más que nada es por los niños que duermen al fondo, pegaditos los tres en una cama sobre un colchón delgado, acostumbrados a soñar en un breve espacio sin apenas moverse para no interrumpir el sueño del otro hermano. Se despertarán por cualquier ruido distinto al de la rueda y las puntadas de la máquina de coser. Ya están acostumbrados a dormirse con él. Algunas veces se va a escuchar un gemido de repente, cuando uno de los dedos menos diestros, después de muchas horas de correr al borde de la aguja, se acerca demasiado y se hiere, con una mancha roja que surge como un acontecimiento. La mujer está acostumbrada también al sabor de su sangre y con la saliva cicatriza enseguida la yema. Hasta este mismo dolor es una costumbre.


Robarle horas al día no es fácil. Peor cuando hay una familia a cuestas. En la mañana hay que alistar temprano todo para estar a tiempo en la fábrica de la zona franca, y allí seguir cosiendo piezas y piezas. Al atardecer, llegar a la casa y a seguir cosiendo. Lo malo deben ser los pensamientos, los recuerdos, todo eso. Son peligrosos, dejarse llevar por ellos unos segundos, mientras la aguja cae una y otra vez entre los dedos, puede producir una herida más grande. Y no hay más tiempo en el día que veinticuatro horas pequeñas, demasiado pequeñas para sacar todo adelante. Su salario en la zona franca no llega a cien dólares.



Viviendo en Managua, eso hoy en día no es más que la ilusión de nada, la ilusión de que se tiene un trabajo, pero todos los días se pregunta si no sacará algo más cosiendo por su cuenta, como hace por las noches. En la zona franca puede que esté asegurada, eso está bien, pero ella me dijo una vez que para las enfermedades que cubre el seguro ya casi se cura ella sola. Puede que sea una exageración, lo cierto es que rara vez ha puesto sus pies en la consulta del doctor.


Son cientos, me cuenta, las que trabajan con ella cosiendo en el mismo tramo de la zona franca. Casi no tienen relación unas con otras porque viven cambiando de trabajo, yendo y viniendo de la fábrica. No es algo para toda la vida, sólo para salir del medio paso mientras se encuentra otra cosa, pero a veces ya no merece la pena. Muchas de las mujeres que trabajan en zonas francas pasan de ser empleadas domésticas a costureras u operarias de la fábrica.



Hay miedo, me sigue contando, de pedir permiso para ir al médico, para llevar el niño al pediatra, o de ir al baño más de una vez porque se tenga algún problema. “Hay miedo de que le azareen a una, no sólo de que la corran”. Yo la escucho mientras espero que salga de la máquina un pantalón que compré defectuoso y que ella corrige.


Le pregunté que si desde que estaba trabajando en la zona franca, había experimentado algún cambio a mejor en su vida. “Sigo en lo mismo, sigo sin poder ponerle piso a esta casa. Es la misma tierra y la misma madera”. Y también, añadiría yo, la misma máquina de coser de siempre.
Una vez el que ahora es ministro de Hacienda defendía las ventajas del Cafta diciendo que potenciará aún más las zonas francas y le enorgullecía que durante el gobierno del ingeniero Bolaños se habían abierto tantas nuevas maquilas como meses llevaban gobernando.



Por aquel entonces estaban cerca de cumplir los dos años y daba escalofríos pensar en cuántas instalaciones y cuánta mano de obra significaba eso. Y sin embargo, resulta difícil observar el progreso que hayan podido traer estas fábricas manufactureras de todo, y tan volubles que hoy pueden estar acá y mañana en otro lado que les ofrezca mejores condiciones.



Para EU puede llegar a ser más rentable tener a cientos de miles de centroamericanos cosiendo piezas de ropa que seguir importándola de las manos de cientos de miles de chinos. Para ser más competitivo que los chinos, hay que poner mejores condiciones, y eso pasa por tener los costes laborales más bajos, es decir, menos derechos de los trabajadores y salarios mínimos.


Es difícil pensar en un progreso que pase por el régimen de zonas francas, y el hecho de que después de unos años no se haya visto el progreso que todo esto iba a traer es una prueba más de lo que estoy diciendo. Esperar que los trabajadores de Nicaragua sean protegidos por las autoridades que debieran velar por sus derechos, es esperar demasiado, porque ya tenemos ejemplos donde se evidencia que acá se está dispuesto a darle prioridad a una empresa por encima de los seres humanos, si no, sólo hace falta mirar a los campesinos del Nemagón tantos años después. Nicaragua ni siquiera ha podido conseguir que se le haga justicia a un grupo de trabajadores con una razón tan clara.


Que no era posible el progreso sin que los trabajadores gozaran de sus derechos fue un largo aprendizaje en la Europa de la Revolución Industrial. Se comprobó que la producción en masa no tenía sentido si los potenciales consumidores no podían comprar los productos, porque no les quedaba con qué. El rendimiento de un trabajador cuando no es esclavo, depende de las condiciones de vida que tenga.


El peor futuro para Nicaragua es que se parezca a su presente. Una repetición de pesadilla donde todo siga igual. Desde que la conozco, ya hace algunos años, cuando he pasado por la casa de mi vecina costurera, todo sigue igual. No ha habido tiempo diferente desde entonces. Uno la ve de espaldas, a veces con una toalla sobre los hombros cobijándose de la noche que refresca, empujando sin parar el pedal y la rueda, haciendo correr la tela infinita con la paciencia de quien algo espera.



Para que todo siga igual, para que no cambie a peor es demasiado el esfuerzo y duele. Tendríamos que hacer mucho más para avanzar hacia delante, mucho más que un Cafta que ya sabemos a quién beneficia, mucho más por supuesto que una disputa legal entre Cortes de Justicia, mucho más que consultorías que luego se engavetan y no sirven para nada, o al menos no ha servido nada de ello, para que la mujer de la que les hablo deje de estar desvelándose frente a una vieja máquina de coser que se mueve sin parar todas las noches. Todas las noches la he visto. Y a pesar de todo, ella sigue esperando mientras se mueve la rueda.



Fuente: Envíos a Nuestro Correo/ Prensa Popular Comunistas Miranda

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sábado, 12 de julio de 2008

CARACAS LA ROJA EN PROTESTA MASIVA ECHO DE VENEZUELA A RICHARD NIXON.....VICEPRESIDENTE DE ESTADOS UNIDOS ECHADO A PATADAS DE VENEZUELA

Cuando el pueblo venezolano

EN PROTESTA MASIVA ECHÓ A RICHARD NIXON

Verdad Histórica Para Quien le Pueda Interesar

Por: Faustino Rodríguez Bauza

Después de liquidar a la Dictadura Pérez Jiménez el pueblo de Venezuela echó del País en multitudinaria protesta al Vicepresidente de Estados Unidos Richard Nixon, cuando este quiso venir a hacer presiones al gobierno recién instalado.-

VICEPRESIDENTE DE EEUU NIXON SACADO A PATADAS DE VENEZUELA

La mayor falta de respeto a un País que se podría haber esperado fué la que cometió el gobierno imperialista de los Estados Unidos cuando se le ocurrió enviar a Venezuela a su Vicepresidente, el Truculento Ricky Nixon, precisamente por esta fecha del mes de Mayo del año de l958.-

Y el rechazo más valiente, firme y determinado, el más espectacular y ruidoso, que corrió por todo el mundo, fue el que protagonizamos los jóvenes y militantes revolucionarios—especial y mayoritariamente de la Juventud Comunista de Venezuela—, los numerosos integrantes del Partido Comunista de Venezuela de las Regiones de Distrito Federal de entonces—Caracas y Vargas—, de Miranda, y numerosos camaradas de otras regiones del interior de Venezuela.-

Participaron también bastantes integrantes de los que en aquel entonces se conocían como componentes de la Juventud y la Izquierda del Partido Policlasista AD, e igualmente de la izquierda de URD.

Y sobre todo una vasta participación del pueblo caraqueño: de obreros y trabajadores en general, jóvenes, mujeres, estudiantes, el pueblo de todos los barrios.

El abuso imperialista, de enviar a Venezuela al Vicepresidente de EEUU, era una invitación a la confrontación. Venezuela acababa de derribar a la dictadura de Pérez Jiménez, después de diez años de duras luchas, donde el Partido Comunista de Venezuela -el PCV- y la Juventud Comunista de Venezuela-.-la Jotacé— habían jugado papel decisivo y estelar como fuerzas principales en la conducción del pueblo en la lucha antidictatorial.-

Eran numerosos los militantes y amigos del PCV y la JC y de la izquierda en general, que acababan de salir de las cárceles, de la clandestinidad y del exilio.

Era el momento en que todavía estaban los efectos de la llamada internacional de las espadas que había montado en la América Latina el imperialismo norteamericano, de gobiernos militares dictatoriales guiados directamente desde las embajadas norteamericanas, sobre todo en sus políticas policiales, de persecución, campos de concentración y trabajos forzados—como fue el de Guasina en Venezuela, todo para apoderarse y robar nuestras riquezas, a través de esos gobiernos lacayos.

El espíritu antiimperialista venezolano hizo ebullición ese día, con una gigantesca incorporación del pueblo, de los estudiantes, obreros, mujeres, trabajadores en general, con una combatividad y organización ejemplar de la protesta.--

La multitud empezó a recibir al símbolo imperialista desde el aeropuerto con manifestaciones, pancartas y volantes de rechazo.-

En Caracas, desde la entrada de la Avenida Sucre, le llovieron directamente huevos, propaganda, palos, había pancartas en todos los sitios, en cada poste se improvisaba un mitin antiimperialista, y ya cerca del Panteón, entre la multitud se rodeó a los vehículos de la comitiva que transportaba al Vicepresidente norteamericano, mientras un contingente de personas decididas, nos encargamos de trancarle el paso al vehículo donde venía el Vicepresidente Nixon, al cual le llovieron patadas y golpes, de tal manera que se vio obligado a retroceder y devolverse.-

Entre otros, en esa misión, recuerdo que actuamos juntos camaradas del PCV como fueron Alberto Conzoño, Malaquías García, José Vicente Abreu, Alberto Arias Amaro, Pedro González Blondell, y quien esto escribe, Faustino Rodríguez Bauza. Podemos registrar, igualmente, la permisividad e identificación de algunos componentes de las fuerzas del orden, como fue el caso del para entonces Teniente Italo Brett Smith, a quien posteriormente conocimos por su identificación con las luchas antiimperialistas.

Es oportuno el recordatorio, ahora cuando está en marcha toda una conjura imperialista en contra de Venezuela, de su gobierno revolucionario bolivariano, de su Constitución Progresista, del Presidente Chávez.-

Conjura también en contra de las fuerzas revolucionarias y nacionalistas, agrupadas en el Partido Comunista de Venezuela, la Juventud Comunista y todos los decididos simpatizantes y amigos del PCV.-

Conjura contra quienes se afilian al PSUV, y a otras fuerzas de izquierda.- Conjura contra el pueblo en general.- Dispuestos estamos todos a defender la dignidad nacional y la Patria Bolivariana.

Que no se atreva el Imperialismo contra Venezuela. Será rechazado, como lo fue Nixon. A prepararse para esa defensa están llamando de manera firme y consecuente el Partido Comunista de Venezuela y la Juventud Comunista de Venezuela.-

A prepararnos para una acción permanente contra el imperialismo. Estamos claros: El imperialismo no cesa en su empeño de acabar con el gobierno y la Revolución Bolivariana y el Gobierno del Presidente Chávez. Por eso, no debemos bajar nuestra vigilancia ni nuestra preparación ni un día. Alerta y preparados siempre y a la ofensiva es la consigna del pueblo venezolano.

viernes, 11 de julio de 2008

INDEPENDENCIA PARA LAS ANTILLAS "HOLANDESAS"..ARUBA,BONAIRE,CURAZAO PARTE DEL CARIBE COLONIZADO QUE REQUIEREN SU INDEPENDENCIA

Por: Faustino Rodríguez Bauza

El proceso de descolonización que se hizo presente y se extendió por todo el mundo a partir del fin de la segunda guerra mundial, con el apoyo fundamental del campo socialista --la Unión Soviética, las Democracias Populares,los Partidos Comunistas en el mundo y de las propias Colonias -- los movimientos de liberación en cada país, no llegó a completarse en todas las Colonias.

Muchas Colonias se liberaron en Asia, Africa, Oceanía,e incluso en América. Otras colonias no abiertas, países semicolonizados, llegaron a obtener indepoendencia completa, al menos en su aspecto de manejo político.Muchos procesos se vieron obligados a utilizar la vía armada con guerrillas hasta llegar a formar sus Ejércitos Populares e imponer su Independencia.En otros casos amplios movimientos populares de masas, basados en la unidad nacional,impusieron la liberación.

Se llegó a constituír entonces un amplio movimiento de los países de reciente descolonización, junto a otros no alineados con ninguno de los dos bloques que salieron demarcados de la Segunda Guerra Mundial, bloque llamado Tercer Mundo. Movimiento a la vez enlazado con el gran movimiento por la Paz desarrollado en todo el mundo.

De todas formas, no se llegó a la liberación total. En el Continente Americano siguió, en su gran mayoría, presente el orden colonial, con la excepción de la Ex Guayana Inglesa, y hasta bien avanzado el Siglo pasado, la Guayana Holandesa.

Con la excusa de "formar parte del territorio de la nación, como territorios de Ultramar", o "integrantes de la Corona", siguieron otras Colonias en el mundo, particularmente el Caribe, donde pueblos que habitan una, o más de una isla, combinados,por pequeñas que sean territorialmente conforman estructuras nacionales definidas, pero que siguen colonizadas, cuando ya deberían ser países independientes.

Son de hecho naciones,pero no son reconocidas como tales, manteniéndolas como pueblos dominados, entre otros casos con la excusa de que no tienen capacidades económicas propias,cuando la verdad es que las que tienen si les permitirían vivir por sí mismas, y como colonias lo que hacen es ser superexplotados directamente por los Estados colonizadores y las estructuras de capital dominantes de los paises colonizadores.

Este es el caso de la cantidad de Islas del Caribe. Vamos a destacar ahora, de entre ellas, inicialmente, las Colonias holandesas de Aruba, Bonaire, y Curazao, las cuales, además, constituyen un factor de perturbación en relación con Venezuela, ubicadas en todo el Mar Territorial venezolano.

En esa posición estas Colonias trasladan así a nuestro entorno directo a un país extraño a América, como es Holanda, reconocido por sus estrechas vinculaciones con el imperialismo yanki en Europa, en la conformación de la Alianza guerrerista de la OTAN.

Por mucho tiempo estas islas han sido igualmente un factor de perturbación como focos de contrabando a/y desde Venezuela,y más recientemente, factor de combinación del narcotráfico. Y más peligroso aún, son una base permanente de la Flota Yanqui en el Caribe, a minutos aéreos, y a menos de hora marítimo, para las fuerzas militares que el imperialismo pasea continuamente por allí.Esos son factores importantes.

Pero, por encima de esos factores señalados, está el de la voluntad de esos pueblos que se manifiesta permanentemente, de la lucha por su independencia.Que está presente en sus factores culturales como son la defensa y el uso permanente de su idioma: el creole, de su música característica, de sus tradiciones, bailes, expresiones literarias, su comida propia y otros factores culturales que definen su carácter nacional.

La economía de ese conjunto -- Aruba, Bonaire, Curazao-- está ubicada en el conjunto de las economías caribeñas, y complementarias a su vez con las economías latinoamericanas, dentro de las cuales pueden ser integradas ventajosamente en condición de países independientes , y con condiciones más favorables a lo que constituye su vida económica actual como Colonias.

Esos factores están unidos además a las diversas manifestaciones por la Independencia, que por mucho tiempo se vienen dando en esas islas,-- Aruba, Bonaire, Curazao, Nación en su conjunto, de pueblos hermanos integrados con origen poblacional común--, que se emparenta ahora con la ampliación y avance del movimiento que se desarrolla en América Latina por la unidad e Independencia Continental.

Desde este Portavoz Prensa Popular Comunistas Miranda, manifestamos nuestra solidaridad con los luchadores por la Independencia de Aruba, Bonaire, Curazao, y con los camaradas comunistas que allí desarrollan su difícil actividad, en la lucha ideológica, política, incluída la de la independencia y conformación nacional, y su lucha diaria por las reivindicaciones de la población, en sus condiciones de trabajo y por las reivindicaciones generales de la población en sus condiciones de vida: educación, salud, empleo, servicios,

Para el movimiento de liberación nacional de Aruba_Bonaire-Curazao, las páginas de nuestro Portavoz seguirán abiertas para expresar sus ideas y sus luchas.

Fuente: Prensa Popular Comunistas Miranda
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Correo: pcvmirandasrp@gmail.com

ACERCA DE LAS CLASES SOCIALES, LUCHA DE CLASES Y CONCIENCIA DE CLASES

Por: Raúl Volcán

Los conceptos de clases sociales, lucha de clases y conciencia de clases están íntimamente relacionados, y constituyen definiciones y conocimientos básicos para quienes se incorporan a la lucha revolucionaria.
En el primer concepto, al hablar de clases sociales nos estamos refiriendo, evidentemente, a una división.- Donde se da esa división? Esa división se da en los grupos que componen una determinada sociedad, según se produzca en ella y se distribuya el resultado de lo producido. Y vendría una pregunta interesante: ¿Las clases sociales han existido siempre? . La respuesta es: NO!.- Las clases sociales no han existido siempre, ni tampoco serán eternas, es decir, que dejarán de existir.
En efecto, en una etapa de la sociedad, al comienzo de la agrupación de los seres humanos para defenderse de la naturaleza, controlarla, en cierto sentido, y extraer de ella lo necesario para vivir, el género humano, los hombres y mujeres se agrupaban en pequeños grupos o familias, y aún en grupos mas grandes, de varias familias emparentadas, o tribus.
Cómo hacían para vivir, para producir lo que necesitaban? Trabajaban en grupos, en equipos, colectiva y cooperativamente, y nadie se apropiaba ni era el dueño de lo que se producia, sino que la propiedad de lo que se producía era de todos, y se repartía equitativamente, según costumbres y tradiciones aplicadas en cada tipo de grupos.
Asimismo, tenían ciertos equipos para trabajar y producir: cazar, pescar, recoger frutos, y más adelante sembrar y cosechar, criar y beneficiar animales, preparar alimentos, hacer viviendas primitivas colectivas, y sitios para trabajo : guardar cosechas, semillas, productos de elaboración primitiva como salazones, bebidas, y otros. Para todo esto se necesitaban ciertas herramientas y otros instrumentos de trabajo.
Todo eso era de propiedad, uso y manejo de carácter colectivo, y, fundamentalmente, de PROPIEDAD COLECTIVA. Si esto era colectivo entonces no había dueños, ni de los locales, los instrumentos y herramientas, ni de lo que se producía. Era una relación entre iguales. No había contradicciones económicas porque hubiese dueños de las cosas necesarias, y otros que no tuvieran nada. Entonces no había Clases. Si no había clases, no podía haber lucha de clases. Y al no haber clases no podía surgir la conciencia de clase, sino una conciencia de participación común, colectiva, de colaboración y no de lucha.
Esta fué la primera manera de organizarse la sociedad. Todo era común. Por eso a esta sociedad se le llamó COMUNISMO PRIMITIVO. Primitivo por ser lo primero que existió, como organización social, , por una parte, y por la otra porque los instrumentos no tenían un desarrollo técnico, no eran complicados.
Clases sociales:
La sociedad no fue eterna en esa forma cooperativa de producción y organización. A medida que avanzaba, se producían ciertas diferencias entre los grupos humanos. Unos ubicados en sitios más favorecidos vieron crecer su producción más rápidamente, avazaron más en la construcción de herramientas, quisieron ampliar su estructura de organización social, y, atacando a otros grupos cercanos, para apoderarse de su instrumental y producción, se produjeron las guerras.
Así, los ganadores, esclavizaron a los perdedores. Es decir, los ponían a trabajar sin ningún provecho, sin derecho a nada, sólo lo que necesitaban para alimentarse, medio vestirse, dormir, y volver a trabajar. No eran dueños los esclavos, ni de lo que usaban para producir, herramientas, instrumentos varios, ni de la tierra, animales, locales. Así se establecen dos grupos que están separados por la posición que ocupaban en la sociedad de entonces en relación a quien le tocaba lo que se producía, a quien pertenecía el instrumental usado para producir.
Unos lo tenían todo, y les tocaba lo que se producía, o se apoderaban de ello. Eran los dueños, los amos. Eso es lo que se llama clase. Estar en una posición respecto a quien le toca o se apodera de lo que se produce. En ese régimen, donde unos esclavizaban a otros, los dueños se llamaban esclavistas, esclavizadores, o amos. Y los otros, que trabajaban y producían, sin recibir pago, sino solo lo necesario para volver a trabajar, para estar vivos y no morirse y seguir produciendo, eran los esclavos.
Los esclavistas o amos, eran una clase. Los esclavizados eran, otra clase . Los esclavistas o amos estaban muy contentos y querían que las cosas siguieran así. Los esclavizados, los esclavos, por el contrario, querían que esa relación injusta se rompiera y hubiera otra.

¿Qué tenía que pasar? Simplemente que se estableciera una lucha entre un grupo, o clase, la clase de los esclavizadores, por una parte, y el otro grupo, los esclavizados, la clase de los esclavizados, por la otra parte.
Es así como aparece esa lucha, que es lo que se llama la lucha de clases. Es decir la lucha que se basa en la posición distinta que cada grupo tiene en la apropiación de todo lo que se usa para producir, y en quienes se apropian de lo producido. Para unos todo, para otros nada.
Y aparece también entonces la conciencia de clases. La de los propietarios viene a ser la conciencia de que las cosas se deben mantener como están: que ellos sean los dueños de los esclavos y se puedan apoderar de todo lo que estos producen. Y la conciencia de clase de los esclavos vendrá a ser la de considerar que no es justo que ellos sean esclavizados y que todo lo que produzcan sea de los dueños y no de ellos, los productores. Hublo alzamientos, insurrecciones, guerras entre esclavos y esclavizadores.
La Segunda Forma de la división de clase y de la lucha de clases
En esta exposición acerca de clases sociales, lucha de clases, conciencia de clases, no ahondaremos acerca del proceso de desaparición de determinadas clases y surgimiento de otras, de las dominantes, como es el pase de esclavistas a dominio de los señores feudales, y en el caso de las clases dominadas, de esclavos a siervos. Solo describimos las diferentes formas de sociedades existentes en el proceso histórico.
Así, al desarrollarse el proceso socioeconómico, las luchas de los esclavos, el desarrollo de la economía, la transformación social, la relación de clases cambia. La tierra pasa a ser el componente fundamental de la economía. El dominio sobre la propiedad y el uso de la tierra pasa a ser entonces lo que distingue la posición de las distintas clases.
La clase dominante pasa a ser la de los dueños de la tierra, o señores feudales. Y la clase dominada pasa a ser la de los campesinos que no tienen tierras, sino que dependen del uso de la tierra, para, mediante su trabajo, extraerle sus frutos, los cuales no les van a pertenecer, sino que la propiedad de esos frutos será de los grandes señores feudales o dueños de la tierra.
Así, los dueños de la tierra o señores feudales, serán una clase, la clase dominante. Y los campesinos o siervos, serán la clase dominada. La lucha de clases será entre señores feudales y siervos.Y la conciencia de clases significará que: para los señores feudales las cosas no deberán cambiar y ellos deberán seguir siendo dueños de la tierra y deberán disfrutar de lo que estas tierras les den mediante la explotación del trabajo de los campesinos. Y para los campesinos la conciencia de clases significará que lucharán por el cambio de esa sociedad, por la propiedad y distribusción de las tierras, porque lo que ellos produzcan les pertenezca.
Tercera Forma de la División de la Sociuedad en Clases
Dentro de la sociedad feudal se produce un progresivo desarrollo de la producción, y la concentración en los burgos o pueblos, agrupados en ciudades. La producción va dejando de ser esxlusivamente de la tierra. Surgen desarrollos de la navegación, de la construcción de barcos, de otros productos con base a metales, la construcción en las ciudades, del vestido, de instrumentos de transporte, de instrumentos de guerra, y otros.
Esas producciones, originalmente de tipo personal, casi, o de las familias, se va expandiendo. Los artesanos expanden sus talleres, toman aprendices, cuyo trabajo explotan, y después personas con pago de salarios, que son trabajadores explotados, obreros. Se monta, encima de la relación de la explotación de la tierra, de explotación de los señores feudales sobre los campesinos, otro tipo de explotación: La de los dueños de los talleres e instrumentos de producción sobre los trabajadores que no tienen nada sino su fuerza de trabajo.
Esa es una forma de producción y de explotación nueva que se inserta en la sociedad feudal, cuya forma de prtoducción y de explotación es mas progresiva y con una mayor capacidad que la feudal para expandirse y crear riqueza. Se da en las ciudades o burgos .Por eso, a los dueños de las instalaciones de producción que se van instalando, donde a la vez se van creando medios para producir, maquinarias originalmente primitivas, pero en continuo desarrollo, se les llama burgueses. Y las personas que trabajan para ellos son simplemente trabajadores, u obreros, explotados.
La burguesía, en sus inicios, fué progresista, en relación con la sociedad feudal. La burguesía busca ser ella la que domine la dirección de la sociedad y lo logra mediante las revoluciones burguesas en varios países. Se establece entonces la sociedad burguesa, donde las clases básicas son dos: la burguesía, y la clase obrera. La burguesía es la dueña de los medios de producción, del dinero, de todo lo necesario para producir. Es lo que se conoce como la propiedad privada de los medios de producción Los trabajadores sólo tienen su fuerza o capacidad de producción. Lo que pueden o saben hacer con su trabajo.

Así, los burgueses compran la fuerza de producción de los trabajadores, por menos de lo que estos en realidad producen, y se apropian de lo demás. Por eso se enriquecen. Y los trabajadores cobran por su trabajo, en realidad menos de lo que les corresponde, y por eso son explotados.Las clases resultantes serán, entonces, la burguesía explotadora, y la clase obrera o trabajadores explotados. La lucha de clases será entre la burguesía explotadora y los trabajadores explotados. Que es lo que caracteriza a esta forma o tipo de sociedad que se denomina el capitalismo.

La conciencia de clases de esta sociedad será: La de los capitalistas, quienes harán de todo para que este tipo de sociedad se eternice, su conciencia es de dominación. Y la conciencia de clase de los trabajadores será la de luchar por derribar esta sociedad y contruír otra donde no exista la propiedad privada de los medios de producción y donde el producto de lo producido vaya a las manos de quienes producen, la clase obrera, los trabajadores.
Un resumen de los conceptos para reafirmación nos indicaría como podemos decir que:
Las Clases Sociales son grupos sociales antagónicos. En la sociedad dividida en clases una clase (dominante) se apropia del trabajo del otro(dominada), por el lugar diferente que ocupan en la estructura económica de un modo de producción determinado.
Los grupos sociales antagónicos o clases sociales han existido desde que se terminó la sociedasd primitiva de propiedad colectiva. Según hemos descrito antes: en la sociedad esclavista hubo: amos y esclavos. En la sociedad feudal hubo: señores y siervos. En la sociedad capitalista hay burguesía y proletariado.
De acuerdo a lo descrito antes, surge la Conciencia de Clases. Esta, la conciencia de clases, es la comprensión de la comunidad de intereses que existe entre los miembros de una clase determinada, así como del antagonismo de esos intereses con los de la clase adversa.
Históricamente esta ha sido así.: La conciencia de sus intereses de los amos, por una parte, y de los esclavos, por la otra, en la sociedad esclavista. Después en el Feudalismo, la conciencia de sus intereses por los señores feudales, por una parte, y de los campesinos o siervos, por la otra.
Y dentro de la sociedad feudal los miembros de la naciente burguesía toman conciencia de clase cuando comprenden que los intereses económicos e ideológicos que los unen se oponen con los de los señores feudales. A su vez, los trabajadores que laboran para los burgueses se dan cuenta de que sus intereses son distintos y contrapuestos a los de los burgueses.Con revoluciones los burgueses desplazan del poder a los señores feudales, se establece más nítidamente la sociedad burguesa o capitalismo.
En la sociedad capitalista, aún vigente, la lucha es entre burgueses y proletarios. Y la conciencia de clases características es la de mantener el capitalismo, por los burgueses, y la de derrocar a la burguesía e instaurar otra forma organizativa, sin explotación, que es la conciencia de clase de la clase obrera o trabajadores explotados, que luchan por una sociedad con verdadera igualdad entre los seres humanos en cuanto a la relación de producción
EL Comunismo.
Esa sociedad de verdadera igualdad entre los seres humanos es el Comunismo, planteada por varios idealistas que buscaban el "bien social" e "igualdad entre los seres humanos", a partir de la bondad y la justicia, los llamados comunistas y socialistas utópicos, y, por otra parte, por estudiosos de los problemas de la organización social, y que formularon de manera científica y orgánica lo que debe ser la organización social sin explotadores ni explotados, Carlos Marx y Federico Engels en el Manifiesto Comunista.
Para los efectos que nos interesa, la organización de la sociedad capitalista tiene otros componentes, por ser una sociedad compleja, que deberemos exponer, en un trabajo posterior, para referirnos luego al socialismo y el comunismo.
Por tanto dejamos aquí esta exposición, que podrá ser una base de trabajo colectivo, en grupos de estudio, y asimismo servirá también como punto de apoyo para la lectura autodidáctica, para el estudio personal, y puede servir de soporte para la lectura y estudio del Maniufiesto Comunista.

Fuente: Prensa Popular Comunistas Miranda

http://prensapopular-comunistasmiranda.blogspot.com

Correo: pcvmirandasrp@gmail.com


CONDENAN FIRMA DE ACUERDO DE PROYECTO QUE AFECTA EL AMBIENTE EN PUERTO RICO

Condenan Firma de Acuerdo con los proponentes del proyecto San Miguel-Four Seasons


Las organizaciones habían criticado anteriormente al Secretario por haber ignorado a los técnicos del DRNA en sus recomendaciones de no endosar la construcción del proyecto ni la venta de los terrenos públicos donde éste se establecería.


San Juan - Organizaciones conservacionistas y grupos comunitarios criticaron duramente al Secretario del Departamento de Recursos Naturales y Ambientales (DRNA), el Lcdo. Luis E. Rodríguez Rivera, por haber firmado un acuerdo con los proponentes del proyecto San Miguel-Four Seasons Resort para manejar bosques, acceso a la pesca recreativa y la protección de la vida silvestre en el área donde ha sido propuesto. Este proyecto residencial-turístico es uno de varios promovidos por el Gobierno para el Corredor Ecológico del Noreste (CEN), área de gran importancia natural localizada en el litoral costero de los municipios de Luquillo y Fajardo.


La denuncia fue hecha por las organizaciones Iniciativa para un Desarrollo Sustentable (IDS), GuardAguas de Puerto Rico y la Liga de Conciencia Ambiental del Este.


Es irresponsable e impropio que el Secretario haya firmado unos acuerdos para delegar en los proyectistas del San Miguel Resort la administración de los bienes de dominio público y patrimoniales encontrados en el CEN, cuando todavía la Junta de Calidad Ambiental no ha determinado si este proyecto cumple con la Ley sobre Política Pública Ambiental de Puerto Rico. De hecho, la Junta de Planificación tampoco ha determinado si le concede una consulta de ubicación al proyecto, ya que el mismo ni tan siquiera cumple con los usos de suelo permitidos en el área señaló Luis Jorge Rivera Herrera, científico ambiental de IDS.


Las organizaciones habían criticado anteriormente al Secretario por haber ignorado a los técnicos del DRNA en sus recomendaciones de no endosar la construcción del proyecto ni la venta de los terrenos públicos donde éste se establecería.


Los grupos también habían acusado al Secretario de cometer un grave conflicto de interés y de actuar negligentemente al endosar el San Miguel Resort, ya que su esposa, la Ing. Ingrid Vila, había trabajado como consultora a cargo de la coordinación de la Declaración de Impacto Ambiental del proyecto. De igual manera, éstos habían indicado que el pasado Director de la División de Diseño de la agencia, el Ing. Carlos Santos, había aprobado el estudio hidrológico-hidráulico para el proyecto que él mismo había hecho cuando trabajaba anteriormente para la firma de consultoría CSA Group.


?Es indignante como en los últimos días de cada administración gubernamental se vuelve a repetir la historia, en que funcionarios públicos benefician a individuos particulares con la otorgación de endosos, permisos o incentivos, como resultado de amiguismos económicos o políticos.


Condenamos la acción tomada por el Lcdo. Rodríguez, la cual se suma a otras instancias similares, minando así la confianza y el respeto de la ciudadanía en las instituciones de Gobierno, añadió Rivera Herrera.


El proyecto San Miguel-Four Seasons Resort, propuesto por la Compañía de Turismo, incluiría la construcción de 1,050 residencias, 250 habitaciones de hotel, 175 unidades de condohotel y tiempo compartido y dos campos de golf de 18 y 9 hoyos, entre otras facilidades relacionadas.
Agencias federales, grupos comunitarios y organizaciones conservacionistas locales e internacionales, incluyendo al Consejo Asesor sobre Asuntos Ambientales de la Gobernadora y la Diócesis de Caguas, han reclamado que el San Miguel Resort y otros proyectos similares propuestos en el Corredor, destruirían recursos naturales únicos y de gran importancia ecológica, privatizarían terrenos públicos y empeorarían la grave situación de falta de agua que sufren miles de ciudadanos en la región este de la Isla.


Como alternativa, han propuesto la designación del CEN como una reserva natural junto al desarrollo de eco-hospederías y otras amenidades basadas en el turismo de naturaleza, esto último como fuente de empleo para los municipios del área.


Fuente: Envíos a Nuestro Correo/ Prensa Popular Comunistas Miranda

http://prensapopular-comunistasmiranda.blogspot.com/

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ORGANIZACIÓN COMUNISTAS MIRANDA CENTRO INVITA A MILITANCIA Y AMIGOS A LOS ACTOS DEL 80 ANIVERSARIO

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La Organización Intermunicipal Miranda Centro del Partido Comunista de Venezuela invita a nuestra militancia, afiliados, amigos y simpatizantes a los Actos de Celebración del 80 Aniversario de nuestro Glorioso Partido Comunista de Venezuela, a realizarse según datos ubicados en la Gráfica. Los esperamos para nuestra celebración, con espíritu y combatividad comunista, revolucionario y patriótico!!! Asiste!!

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